Lo studente trentino fermato a Roma: «La polizia ci ha picchiato»

Federico Serra è rientrato a casa: «Colpiti con i manganelli sulla camionetta»


Luca Marognoli


TRENTO. Le manganellate nella camionetta della polizia, il "celerino" che gli mette i piedi in testa costringendolo ad implorare di lasciarlo respirare, la prima notte in una stanzona del commissariato con le finestre aperte, «ammucchiati come animali in 18» per scaldarsi. Quando Federico Serra scende dal treno, sotto la neve, alla stazione di Trento, capisce che l'incubo è finito. Sono quasi le 19 e sulla banchina è buio. Federico sale la scalinata del sottopasso, con l'amico Nando che è rimasto ad aspettarlo a Roma per due giorni assieme al fratello che studia a Firenze. «Credevo di dover prendere l'autobus», racconterà dopo. Invece sente le voci dei suoi amici, che gli corrono incontro, lo abbracciano. Ci sono tutti: quelli del collettivo del Da Vinci, la compagnia di Gardolo e i ragazzi del Bruno. Gli regalano lo striscione appeso a scuola. Lui è commosso. Poi sente qualcuno toccargli la spalla: si volta e incontra il volto di papà Paolo. Un grande abbraccio, senza parole. «Sembrerà strano - scherza - ma dopo quello che è successo non vedo l'ora di andare a scuola domani (oggi, ndr) per incontrare i compagni e salutare i prof». A casa lo aspetta mamma Lucia con la pasta al pesto.  Serra, come è andata... E' stata una brutta esperienza. Hanno colpito e arrestato i primi che trovavano e siamo stati tutti picchiati all'interno della camionetta. Lì è stato il momento più brutto.  Cosa è successo? I poliziotti stavano sfogando su di noi la rabbia che avevano. Ricordo minacce pesanti, un poliziotto che gridava: "Chiudete il portellone, così i fotografi non vedono". E' difficile da descrivere: mi hanno manganellato sulla testa ripetutamente e poi hanno usato un tondino di ferro: ci chiedevano se era nostro, chiamando ognuno con il nome dei vestiti che portava, e ce lo sbattevano sulla testa. Per fortuna avevo un caschetto da bici che mi aveva passato una persona prima della carica. E' per quello che non ho ferite.  In quanti eravate sulla camionetta? Eravamo in sei, tra cui un minorenne al quale avevano rotto il setto nasale durante le cariche. Ci insultavano, a me hanno anche messo i piedi in testa: "Ti prego, non riesco a respirare", ho gridato.  C'erano anche ragazze? Due le abbiamo incontrate in questura, a Trevi. Ci hanno portato a fare le foto dalla scientifica e ci hanno tenuto lì 15 ore, con le finestre aperte. Per farci caldo ci siamo ammucchiati come animali. Eravamo in 18.  Per terra? Sì, era una specie di sala d'aspetto, dove tengono gli immigrati fermati. Eravamo incensurati e spaventati. Nessuno sapeva dove ci trovavamo, neanche gli avvocati, non ci avevano detto neppure che eravamo in arresto. Ci sentivamo come desaparecidos.  Vi hanno fatto del male? No, in questura ci hanno solo rivolto offese varie: barboni di merda e altro. Le prime 14 ore non abbiamo mangiato. Per fortuna è cambiato il turno e sono arrivati un panino e acqua a pranzo e la stessa cosa a cena.  E la seconda notte? L'abbiamo passata in un altro commissariato, in coppie dentro celle dove si stava un po' meglio: avevamo le coperte e il riscaldamento anche se il letto era un cubo di ferro.  Cosa è successo quando è stato fermato? Ero in fondo a piazza del Popolo, nella parte finale del corteo, quella tranquilla. La polizia ha deciso di fare irruzione con le camionette. Tutti sono scappati, la folla si è aperta in due e noi ci siamo trovati bloccati in fondo. Ero in preda al panico: un poliziotto mi ha preso, mi ha dato una manganellata sulle spalle, sono caduto e mi hanno sbattuto nella camionetta.  Cosa prova nei confronti di quei poliziotti? Più che altro tristezza. Non bisogna generalizzare, perché è da stupidi. Ma c'è un nucleo, soprattutto nel reparto celere, che usa violenza in stile repressivo. Dopo quello che mi è successo ci penserò due volte ad andare a una manifestazione così grande.  I black bloc esistono o gli scontri sono la conseguenza della rabbia della folla? Non esistono. Era la rabbia rispetto a una situazione politica vergognosa. Lo sfogo di chi non ha via d'uscita.  Ritiene sbagliato il comportamento delle frange violente? La violenza va sempre condannata ed è fuori dalla mia concezione politica. Ma sono rimasto sconvolto più dalla polizia che da quelli che tiravano i sassi.

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