il personaggio

Livia Di Corato: «Con la musica aiuto le mamme a partorire»

La musicoterapia come strumento educativo, terapeutico e passione. È il progetto “Alma Musica” 


Daniele Peretti


MONTE TERLAGO. Proviamo a immaginare un travaglio che nel caso del primo figlio di Livia Di Corato è durato 7 ore, scandito dagli incessanti canti di mamma e papà senza parole fatti solamente delle sillabe dei bambini tipo pam, pum, pam.

Canto al quale talvolta si univa anche il personale ospedaliero con i medici che ogni tanto facevano capolino nella stanza per vedere cosa stava succedendo. Parrebbe una scena di un film comico, ma non lo è. Al contrario è la preparazione al parto, prima tappa di un percorso di musicoterapia che fa parte del progetto “Alma Musica” ideato da Livia Di Corato. «Il secondo parto è stato più veloce, ma a cantare con noi c’era anche l’ostetrico. Tutto si basa su una considerazione. Il diaframma del torace è collegato in maniera indiretta con quello pelvico e allargandosi a causa del canto, favorisce la maggiore apertura di quello pelvico e di conseguenza favorisce il parto».

Il progetto “Alma Musica” è un punto d’approdo di una vita che sembrava prendere tutt’altro indirizzo. Livia ha sempre avuto la passione per la musica e così al diploma al Liceo Psicopedagogico, ha affiancato quello di pianista conseguito al Conservatorio di Roma. Poi Laura consegue la laurea specialistica in Musica da Camera e conclude un Master in Marketing e Comunicazione musicale. Arriva un lavoro di certo da molti ambito e cioè Livia Di Corato viene assunta a tempo indeterminato all’Accademia Nazionale Santa Cecilia. «Un incarico che sapevo che mi avrebbe fatto smettere di suonare, ma che ho accettato perché in quel periodo non mi pareva che la carriera musicale potesse offrirmi degli sbocchi concreti. Solo che l’amore per la musica era un richiamo troppo forte e di punto in bianco mi sono licenziata, con un progetto in mente».

Quale progetto?

Quello di tornare a suonare con un trio composto anche da mio marito e da mia cognata. Le cose però non sono andate come le avevamo pensate, mio marito è stato chiamato a partecipare a delle tournée in giro per il mondo e così mi sono ritrovata senza trio, ma anche senza lavoro.

Lei è tornata ad insegnare, ma era ancora insoddisfatta, giusto?

L’insegnamento classico proprio non mi piaceva, c’era pochissimo spazio sia per la musica che per la creatività musicale e così mi sono guardata attorno. Ho frequentato corsi di insegnamento alternativo della musica sia in Austria che in America ed ho iniziato questa nuova esperienza con i bambini da 0 a 3 anni, ma anche prenatale e per le mamme in gravidanza ed ho trovato la mia strada.

Qual è l’idea base?

Quella di portare la musica ai bambini con la stessa modalità dell’apprendimento del parlare che arriva dopo una fase di ascolto e di prove per arrivare a delle parole prima approssimative e poi definite. Così con la musica che prima si ascolta, poi si fanno prove con la voce, col corpo, si instaurano relazioni perché fino ai 3 anni si lavora insieme con le mamme e poi si arriva allo sbocco finale che può anche essere la semplice scelta di uno strumento musicale.

Una tecnica nuova?

Recente, come le neuroscienze che sono nate negli anni settanta. Con questo percorso di musicoterapia si possono seguire tre strade. Una è quella educativa, la seconda riabilitativa e terapeutica e qui si comincia a entrare nel mondo della cura. La terza è quella di seguire una passione musicale che può poi sfociare nella scelta di uno strumento. Il tutto con un approccio morbido, spontaneo e senza imposizioni di alcun genere.

Un aspetto molto importante è quello di stabilire una relazione.

Si educa a trovare un punto di contatto con il prossimo che nei primi tre anni di vita può essere la mamma, ma anche il papà o i nonni. Per quanto riguarda la gravidanza, si sa che dalla 24ma settimana in poi i bambini iniziano a percepire i suoni e farlo attraverso la voce della mamma è un inizio di una relazione diretta che altrimenti arriverebbe solo dopo il parto.

In questo campo non certo usuale, qual è stata la soddisfazione?

Il secondo parto quando insieme a me e a mio marito, si è messo a cantare anche l’ostetrico.

I progetti invece?

Di certo potenziare l’attività nell’ambito della scuola, ma anche come attività extrascolastica. Sto lavorando su delle attività di riabilitazione sia per le case di riposo che per gli Hospice rivolti non esclusivamente agli anziani. L’idea che mi piace trasmettere è quella del rilassamento utile anche per gli ammalati gravi.

L’identikit di chi si rivolge a lei?

Si spazia molto. Si va dai genitori che amano la musica ai quali piacerebbe che anche i figli lo fossero: vengono da me per un percorso esplorativo che li aiuti alla scelta di uno strumento. C’è l’aspetto educativo, riuscire cioè a stabilire una relazione con chi ti è più vicino. Frequentemente sono percorsi che iniziano dalla gravidanza e poi seguono la crescita sia del genitore in quanto tale che dei bambini. Infine l’aspetto terapeutico e riabilitativo che può essere utile per tenere sotto controllo patologie che sono agli inizi. Trovare un modo alternativo rispetto a quello tradizionale di rapportarsi quando questo trova degli ostacoli ad instaurarsi, poi aiutare a risolvere il problema.

 













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