Legge omofobia, maggioranza nel caos

L’ultima mossa di Rossi: «Riapriamo il dialogo con le minoranze in commissione». Civico (Pd): «Si vuole impantanarla»


di Chiara Bert


TRENTO. «È giusto che una Pubblica amministrazione si impegni a contrastare le discriminazioni di orientamenti sessuali diversi da quelli comunemente considerati normali. E quindi rivolgo un appello a verificare se ci sono le condizioni per costruire un testo di legge condiviso con le minoranze. Decida il consiglio se farlo a latere dei lavori d’aula o in un luogo più consono come la commissione». Reduce da una settimana in Brasile con gli emigrati di origine trentina, Ugo Rossi torna a casa e trova una maggioranza allo sbando sulla legge contro l’omofobia: il consigliere Ual Giuseppe Detomas che ha ritirato la firma dal disegno di legge, il Patt dove solo 2 consiglieri su 7 (Baratter e Bottamedi) hanno garantito il sì al voto finale sul testo. Il governatore richiama all’ordine i suoi, ricorda l’impegno sottoscritto. Prima di tornare in aula nel pomeriggio incontra i capigruppo di maggioranza. All’uscita dice: «Macché richieste di ritirare la legge! Vediamo fin dove si riesce ad arrivare, non c’è solo questa legge e il consiglio non può restare bloccato per anni su un tema. Se la minoranza non avesse fatto ostruzionismo l’avremmo già approvata». Non una parola sui cinque consiglieri del Patt, il suo partito, che la sera prima avevano annunciato che, date le condizioni, non se la sentivano di votare la legge, mettendo in minoranza il capogruppo Lorenzo Baratter. «Sono sempre più convinto che la legge va ritirata e riportata in commissione», spiegava ieri in aula Walter Kaswalder, «io non sono d’accordo che le associazioni gay vadano nelle scuole (punto stralciato, ndr)», «il Patt ha dato libertà di coscienza e non ci sono i voti perché il ddl passi». «Un segnale politico bruttissimo», commenta Manuela Bottamedi, l’ala progressista del partito, «potevamo fare un passo in avanti e invece arretriamo. Abdichiamo al nostro ruolo di politici che dovrebbero guidare i cambiamenti invece di subire le pressioni di una parte del proprio elettorato».

Il vertice di maggioranza si chiude con la decisione di restare in aula «fino a giovedì sera, poi decideremo», sintetizza l’assessora alle pari opportunità Sara Ferrari (Pd), che in mattinata aveva commentato: «Io resto sulle mie posizioni, sono gli altri che tirano i remi in barca». I consiglieri del centrosinistra ieri pomeriggio sono rimasti in aula, come da ordini di scuderia. E hanno ascoltato Rossi annunciare la sua proposta: «Su questo tema - ha ricordato - il dibattito c’è stato, anche con le minoranze, su una serie di emendamenti per togliere ogni retropensiero che questo ddl introduca strane teorie di promozione di orientamenti sessuali. Parliamo di discriminazioni. Cerchiamo di capire dove sono le distanze che si sono allargate in questi mesi sull’onda di integralismi che ci hanno portati fuori strada». Tornare in commissione, è la strada indicata da Rossi. Le reazioni non si fanno attendere. Mattia Civico (Pd), primo firmatario della legge: «In commissione ci siamo già stati due volte, nella scorsa e in questa legislatura. Ho fatto tutte le mediazioni possibili con la maggioranza e i promotori, siamo arrivati alla firma di tutti i capigruppo. Se ora si vuole impantanarla...». Apre invece Baratter: «Giusto fare un tentativo, anche se - ammette - non so se ci sono le condizioni. Ma così non si può andare avanti». «È un’apertura che non ci aspettavamo - confessa il capogruppo Pd Alessio Manica - vediamo cosa dicono le minoranze. Bisognerà che siano d’accordo i firmatari della legge». Oggi si torna in aula. Buio all’orizzonte.

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