in provincia

Le parrocchie aprono le porte a 120 profughi

Il vescovo Luigi Bressan: «L’accoglienza è un obbligo di ogni cristiano». L’assessore Luca Zeni: «Lo stiamo facendo contro la deriva terroristica»


di Maddalena Di TollaDeflorian


TRENTO. Questa settimana si inizia con i primi trasferimenti: saranno 120 alla fine del percorso i profughi che saranno ospitati in circa venti strutture di proprietà diocesana o parrocchiale in Trentino. Ieri mattina hanno firmato davanti alla stampa il relativo protocollo d'intesa, che permetterà di arrivare al risultato di accoglienza, l' arcivescovo monsignor Luigi Bressan e l'assessore provinciale alla salute e alle politiche sociali Luca Zeni.

Sono finora trenta i posti subito disponibili nelle strutture che sono già state predisposte, anche grazie ad opere di ristrutturazione costate alla diocesi circa 200.000 euro. Le prime località interessate saranno Arco (10 posti in due appartamenti), Castellano (5 posti), Noarna (4 posti), Vigalzano di Pergine (5 posti) e Mollaro (5 posti). Entro fine anno saranno destinati al progetto, una volta terminati i lavori di ristrutturazione e adeguamento, ulteriori appartamenti in val di Non, Valsugana e nella zona dell'Alto Garda.

In tutti i casi prima dell'arrivo dei profughi è stato fatto un percorso con la comunità residente, che è stata preparata e coinvolta nell'accoglienza. Il Protocollo d'Intesa prevede che il costo vivo dell'accoglienza (ad esempio per pagare i pasti dei profughi) sarà sostenuto dalla Provincia, grazie allo stanziamento di origine europea e statale che ammonta a 30 euro al giorno per ciascun profugo.

Nessun affitto sarà chiesto dall'Arcidiocesi per gli appartamenti. La gestione della permanenza dei 120 profughi sarà organizzata con il contributo di cinque operatori e di un coordinatore, pagati con soldi provinciali e inseriti in Caritas e Fondazione Comunità Solidale. Per individuare e selezionare le località e le strutture dove collocare le persone, e per coinvolgere la popolazione, hanno collaborato la Caritas diocesana e la Fondazione, in stretto contatto con L'Unità operativa Cinformi del Dipartimento Salute e solidarietà della Provincia.

«L'accoglienza è un obbligo di ogni cristiano» ha sottolineato monsignor Bressan, ricordando la coerenza della scelta trentina con l'appello in merito di Papa Francesco, risalente alla domenica del 6 settembre, durante l'Angelus in Piazza San Pietro.

«Riteniamo che il modello trentino, che distribuisce piccoli contingenti di profughi nelle comunità, coinvolte e preparate all'accoglienza, sia un antidoto a intolleranze e paure» ha spiegato l'assessore Zeni, affermando che questa pratica potrebbe essere un modello da esportare in altre regioni.

Interrogato sulle ansie generate dagli attacchi terroristici avvenuti venerdì sera a Parigi, Zeni ha affermato che il terrorismo è una storia che riguarda le seconde e terze generazioni di immigrati, frustrati e non integrati. «Proprio quello che stiamo facendo in Trentino secondo noi è un ottimo modo per evitare che accada in futuro un' eventuale deriva terroristica o comunque problemi di altro genere. Integrare veramente piccoli numeri di migranti nelle comunità, coinvolgendoli anche nelle attività sociali, è la risposta adatta».

«Del resto - ha spiegato Roberto Calzà - direttore della Caritas - fino ad ora la risposta della gente nelle comunità interessate è stata di apertura e attenzione, pur con comprensibili dubbi e domande».

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