Le glorie del «Dolomiti» incontrano l’Aquila 

Serata di amarcord per il basket cittadino ricordando gli antichi fasti della società di Gianni Brusinelli


di Paolo Piffer


TRENTO. In sala, quella circoscrizionale della Clarina, l’altra sera c’erano loro, gli under 18 dell’Aquila vice campioni d’Italia come la prima squadra. Ma in prima fila tante vecchie glorie del basket cittadino che non è certo nato con i fasti degli ultimi tempi (che hanno catapultato Trento ai vertici nazionali), ma negli anni Venti, sui campi all’aperto e quando si chiamava “palla al cesto”. Generazioni a confronto. E tanta gente, amici, parenti, appassionati lì riuniti per la nuova puntata del recital dell’associazione “Gianni Brusinelli”, omaggio all’uomo che fondò, con altri, a metà degli anni Sessanta, il Dolomiti sport basket club (la società antesignana dell’Aquila vice campione nazionale lo scorso anno) che arrivò in serie D, il massimo che si poteva ottenere per quei tempi e con quei pochi soldi a disposizione. Ma, soprattutto, la serata (sostenuta dal presidente dell’Aquila Gigi Longhi), omaggio alle vecchie glorie della prima fila, invitate, una ad una, ad alzarsi in piedi per ricevere l’applauso dei presenti. Mentre sullo schermo passavano immagini inedite degli anni Cinquanta quando il campo era quello all’aperto della Michelin, magliette e pantaloncini risulterebbero adesso improbabili e qualcuno lasciava la cicca accesa in panchina pronto ad entrare per il cambio prima di risedersi e dare un altro tiro, da tanto poco tempo sapeva di dover stare in campo. Aedo, come altre volte, il prof Amedeo Savoia che ha diretto la serata e che in passato con la palla a spicchi tra le mani ci sapeva fare più che discretamente. Ma pure Francesco Bari, play al fulmicotone degli anni Settanta. La storia del Dolomiti è stata raccontata in un bel libro qualche tempo fa ma quella del basket in città, fin dagli esordi, lo sarà tra poco, entro fine anno, in un altro volume, certo ricco di foto, statistiche, numeri e ricordi, al quale stanno lavorando all’associazione “Gianni Brusinelli”. Per intanto, la carrellata di decenni di basket in città, perlomeno dalla metà del secolo scorso, che aveva il suo “tempio” alla palestra delle Fogazzaro prima di entrare nel palazzetto di Trento sud, è stata affidata agli ex, alle loro biografie. A quelli che c’erano in sala ma anche agli assenti, uomini e donne. Tra queste ultime, le sorelle Chiodi, presente Ivana, ma da ricordare anche Wanda (futura assessore regionale), centro dotato di gran senso della posizione e Graziella. Giocavano nella squadra della Michelin, nome pronunciato all’italiana, dentro quel grande stabilimento alle Albere di cui non rimane più nulla, quando i “padroni delle ferriere” cercavano di tenere buoni gli operai, non sempre riuscendovi, dando loro mensa, dopolavoro assicurato, nursery e sport. E che dire di Adriana Giovannini, la stella, colonna del mitico “cinquebello” della Rari Nantes, che nel ’43 quasi vinse lo scudetto e finì in nazionale? O di Saveria Dellaj in Aor - moglie di Bruno, uno dei protagonisti della rinascita della pallacanestro nel secondo dopoguerra – prima nei Postelegrafonici e poi colonna della Michelin. Oppure di Corinna Demattio, anche lei nella squadra aziendale o di Anna Mongera, opunta di diamante delle “canarine” come erano chiamate le postelegrafoniche. Non poteva mancare Roberto Moggio che prima di inventarsi, seppur non da solo, la Marcialonga fondò il Rangoni di cui fu anche allenatore. Ma neppure Lino Zavarise, tra i migliori nel dopoguerra, che poi arbitrò fino alla serie A. E, ancora, Giancarlo Corradini, coach del Dolomiti in serie D, Eugenio de Castel Terlago, elemento, riporta la nota biografica, di spicco con Olimpia, Tambosi e Rangoni, Alfredo Parini, ancora oggi allenatore di minibasket, Silvano Margola, prima giocatore della Pavoniana e poi fischietto e Giulio Folgheraiter, vincitore di un nazionale Csi. Come non chiudere con Mary Nicolussi, che andò a giocare fino in Svizzera, la capitana della Michelin, indimenticata, tanti campionati di A nel curriculum. Un tuffo indietro nel tempo, quello dell’altra sera. Ma pure uno sguardo sull’oggi. E non solo per la presenza dei ragazzi dell’Aquila. Ma anche perché, alla fine, un premio è andato all’Ass Fiemme basket. Esempio di come si fanno crescere i più giovani, spirito dilettantistico, ma anche professionalità, passione e divertimento. In fondo, quel filo, lungo negli anni e robusto, che collega e unisce ancora passato e presente.













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