il caso

Lavis, i «No Tav» acquistano un terreno

Come in Valsusa il comitato trentino vuole rallentare la procedura di espropri. Puntano a 1.000 adesioni, per ora sono 400


di Daniele Erler


LAVIS. Vogliono acquistare un terreno agricolo, nel luogo dove secondo i progetti dovrebbe transitare il Tav, e dividerlo fra un migliaio di proprietari, per rallentare le procedure di espropriazione. Non solo: utilizzare quello stesso terreno per organizzare degli eventi pubblici. O costruirvi un presidio, che serva per informare i cittadini sui danni che il progetto causerà sul territorio.

Giulia Dosi è la portavoce del comitato “No Tav” di Lavis e Sorni. Un gruppo composito, che coinvolge persone che hanno l'obiettivo comune di opporsi al progetto del treno ad alta velocità. Se dovesse concretizzarsi, ai Sorni il treno uscirebbe dalla galleria, percorrendo un tratto all'aperto. Con danni ambientali che, secondo il comitato, sono inestimabili.

L'idea di acquistare un terreno è simbolica, ed era stata attuata già in val di Susa. Non bloccherà, da sola, il progetto. Ne rallenterà però la fase degli espropri (tutti i proprietari infatti dovranno essere contattati), e soprattutto darà modo agli oppositori di dar voce alle loro idee. A quanto pare, le fasi dell'acquisto – che coinvolge insieme tutti i comitati del Trentino – è già a buon punto. I responsabili preferiscono non far trapelare il luogo esatto (potrebbe essere ai Sorni, o più sud, nella zona di Marco di Rovereto), per evitare complicazioni nella trattativa col privato. Intanto, però, hanno già raccolto quasi quattrocento adesioni in tutto il Trentino, e mirano ad arrivare a mille.

Giulia, come si può partecipare alla campagna che avete lanciato?

«I moduli di adesione all'acquisto collettivo sono già scaricabili dai siti internet dei No Tav Trentini. Ai futuri acquirenti chiediamo il versamento di una somma di trenta euro».

Spesso però si ripete che ormai il progetto del Tav è approvato a livello europeo. Che, insomma, non si può fermare.

«Non sono d'accordo. Il progetto non solo si può, ma si deve fermare. Perché l'impegno economico e ambientale rimane sottovalutato, da tutte le forze politiche che hanno aderito. La soluzione che hanno adottato, dal punto di vista tecnico, è assolutamente esagerata per il problema che intendono risolvere».

C'è un'alternativa?

«Si dovrebbe investire sulla linea ferroviaria storica. Inoltre, in Trentino il traffico merci – che a nord del Brennero viaggia sui treni – continua a scendere lungo le autostrade, perché costano pochissimo, rispetto a tutti gli altri valichi alpini».

Perché siete preoccupati per i Sorni?

«Nessun geologo si è ancora espresso sulle conseguenze ambientali, che il progetto avrà ai Sorni. Servono delle stime serie, fatte da studiosi indipendenti. Possiamo però immaginare che due gallerie a distanza di pochi metri, che attraversano la sinistra orografica dell'Adige, causeranno danni inestimabili, innanzitutto sulle falde acquifere, rivi e sorgenti. La galleria passerebbe anche sotto l'Avisio. Il pericolo è che accada quanto già successo al Mugello, con terreni che sono depressi per la mancanza dell'acqua. Poi ci sono i danni derivati dai cantieri (che dureranno decine di anni), la necessità di depositare il materiale di scarto, e chissà in quanto tempo questi terreni torneranno ad essere agricoli. Ci sono aree abitate che saranno coinvolte. A settembre organizzeremo una serie d'incontri (anche a Lavis e ai Sorni), per spiegare ai cittadini tutto questo».













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