l'inchiesta

La strada per il terrore passa da Trento

Due macedoni che sono andati a combattere in Siria con l’Isis avevano frequentato anche i centri islamici della provincia



TRENTO. La strada per il terrore ha fatto tappa anche in Trentino. Una tappa fugace, ma lo stesso preoccupante. Lo dimostrano le indagini dei carabinieri del Ros di Padova su due foreign fighters, due estremisti islamici che sono andati in Siria a combattere nelle fila dell'Isis. Si tratta di due macedoni che vivevano in provincia di Belluno, Ismar Mesinovic, 37 anni, che faceva l'imbianchino a Longarone e che sembra sia morto nella battaglia di Aleppo nel gennaio 2014, e di Munifer Karamaleski, 27 anni, operaio in un'occhialeria scomparso da Chies d'Alpago con la moglie e i tre figli nel novembre 2013. Ismar Mesinovic è il papà di Ismail Daud, il bambino di 3 anni avuto con la moglie di origini cubane, che avrebbe portato con sé in Siria e che ora compare in alcune fotografie insieme ai miliziani dell'Isis armati fino ai denti.

Secondo quanto accertato dalle indagini del Ros, i due frequentavano il centro islamico Assalam di Ponte nelle Alpi, in provincia di Belluno, ma avrebbero frequentato qualche volta anche i centri islamici del Trentino, tanto che sul profilo Facebook di Ismar c'è una fotografia che lo ritrae in Trentino.

Ad arruolarli e a convincerli a combattere con l'Isis è stato uno di quegli imam itineranti chiamati anche predicatori d'odio, il bosniaco Bilal Hussein Bosnic che è stato arrestato quattro mesi fa in Bosnia. Da quanto accertato dai carabinieri del Ros i due macedoni avrebbero fatto tappa nel loro viaggio verso lo Jihad in Trentino. A dirlo sono anche le celle dei loro telefonini, ma è stata una tappa fugace. Questo non ha impedito a un rapporto ufficiale del ministero degli Interni sui 53 foreign fighters di citare Trento come tappa dei combattenti dell’Isis provenienti dall’Italia. Il rapporto è stato pubblicato ieri con grande enfasi anche sul passaggio in Trentino dei due macedoni. Non sembra che i due macedoni avessero contatti radicati in Trentino. Su questo punto è chiaro anche l'imam Aboulkeir Breigheche: «Quelle due persone non hanno avuto alcun contatto con la nostra comunità. Quando si sono saputi i loro nomi ho fatto anche delle indagini e non sono emersi rapporti con nessuno della nostra comunità. Io sono molto severo su questo. Non permetto che nelle nostre moschee vengano predicate idee estremiste».

I due avrebbero raggiunto la Siria nell'autunno del 2013. Ismar Mesinovic sarebbe morto, secondo quanto riferito dalla moglie cubana e da altri familiari, nel gennaio 2014 ad Aleppo. Su internet si trovano molte foto con suo figlio Ismail Daud e anche una foto di un morto che gli somiglia. Karamaleski, invece, avrebbe fatto perdere le proprie tracce. In settembre si erano diffuse notizie sulla sua morte. Ma la famiglia non le aveva confermate. Il padre, che è molto religioso e fa il muratore in Alpago, non aveva più contatti con lui da quando aveva scelto l'islam radicale e lo jihad. La sorella maggiore, Zehra, che lavora in un panificio vicino Belluno, aveva avuto contatti tramite Viber, ma poi anche questo canale si è chiuso. A quanto sembra, Munifer avrebbe raggiunto la Siria con tutta la famiglia, mentre Ismar avrebbe portato con sé solo il figlio di tre anni. Adesso sua moglie, la cubana Lidia Solano Herrera, cerca in tutti i modi di trovare notizie del bambino ed è anche andata fino al confine con la Siria. Lo ha riconosciuto in una foto in braccio a un amico del padre armato di Kalashnikov, ma ogni tentativo di farlo tornare si è arenato.

Molti dei combattenti «italiani» dell’Isis vivevano in Veneto e in Friuli, oltre che in provincia di Belluno, a Treviso e a Pordenone. Tra di loro anche un ragazzo di 22 anni di seconda generazione, nato in Italia ed entrato in contatto con i gruppi di estremisti tramite internet. E’ sparito per andare a combattere il suo jihad personale. (u.c.)













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