La morte di Sofia, il giudice si riserva

Trento. Il giudice Marco La Ganga si è riservato sulla sua decisione sul “caso malaria”, sul procedimento penale partito dopo la morte della piccola Sofia Zago , il 4 settembre 2017. La bambina,...



Trento. Il giudice Marco La Ganga si è riservato sulla sua decisione sul “caso malaria”, sul procedimento penale partito dopo la morte della piccola Sofia Zago , il 4 settembre 2017. La bambina, aveva solo 4 anni, era ricoverata al Santa Chiara quando ha contratto la malaria, malattia che l’ha uccisa in pochi giorni. Una tragedia per la quale c’è un’unica indagata, un’infermiera che all’epoca dei fatti lavorava nel reparto di pediatria. Infermiera che sin dal primo momento aveva respinto l’accusa che le veniva fatta (per il codice penale è omicidio colposo) e ogni volta che è stata sentita nell’ambito del procedimento ha ribadito che aveva fatto tutte le manovre previste nel massimo rispetto delle procedure previste. E usando sempre e solamente materiale monouso: insomma il suo comportamento sarebbe stato rispettoso delle regole e incompatibile con il contagio. Al termine della indagini dei carabinieri dei Nas, coordinati dal sostituto procuratore Marco Gallina, era stata la procura stessa che aveva avanzato una richiesta di archiviazione nei confronti dell’infermiera. Richiesta che, per ora, non è stata accolta dal giudice. La difesa della donna (avvocati Melchionda e Valer) puntano sul fatto - e lo hanno ripetuto anche ieri in udienza - che non ci sarebbero riscontri fattuali che indichino l’ “errore umano” come unica possibile causa del contagio che portò alla morte di una bambina di quattro anni. Ci sarebbe un’ipotesi ma non ci sarebbero certezze o testimonianze. Le indagini avevano portato ad individuare il momento del contagio che potrebbe essere avvenuto o durante le operazione di pulizia dell’ago cannula o tramite dei guanti. Strumenti che sarebbero stati contaminati da una minima parte del sangue di una delle due bambine malte di malaria dopo un viaggio in Africa, e che erano ricoverate nello stesso reparto. A lei il prelievo era stato fatto prima rispetto a Sofia. Individuato il momento del contagio, erano stati individuate le persone che avevano preso parte a queste operazione di routine.













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