La Cgil: «Appalti, paghe e diritti a rischio per duemila» 

La denuncia. Ieri riunione dei delegati Filcams sulle riassegnazioni in corso dei servizi  Caramelle: «Continua la gara al ribasso, serve una legge che dia garanzie a chi viene assorbito»



Trento. Nel giro di pochi mesi per circa 2.000 lavoratori legati a servizi come mense, maschere dei teatri, pulizie, si profilerà un cambio di datore di lavoro. Diversi appalti sono infatti in fase di riassegnazione, e proprio per questo ieri nella riunione dei delegati Filcams si è ribadita la richiesta alla Provincia di garantire lavoro e diritti, operando scelte politiche che - dicono i sindacalisti - «non implichino, come è stato fino ad oggi, fare cassa sui lavoratori». Un esempio: «Mettere a punto una legge, come ha già fatto la Regione Toscana, che nel riassorbimento dei lavoratori preveda le medesime garanzie, retributive e normative, anche nel passaggio alla nuova gestione».

Le cifre

Cinquantaquattro addetti al portierato dell’Università, dieci allo studentato di San Bartolomeo, duemila le lavoratrici delle pulizie per Provincia, Comune di Trento e Case di Riposo, quarantanove le addette alle mense dell’Opera universitaria, cinquanta quelli delle pulizie per l’ateneo trentino, 36 le maschere del Centro culturale Santa Chiara, otto i letturisti di Dolomiti energia, cinquanta addetti alla Fondazione Mach, centoventi impiegati alla ristorazione e alle pulizie nelle case di riposo Civica, Beato de Tschiderer e Povo.

Sono oltre duemila addetti, quasi tutte donne, che con il cambio appalto - denuncia Filcams - «non hanno nessuna certezza sul loro futuro». A loro si aggiungeranno l’anno prossimo gli 800 addetti alle pulizie per gli ospedali e un centinaio di persone per la mensa dell’ospedale Santa Chiara.

Anche il presente per questi dipendenti non è dei più rosei,attacca il sindacato: «Il loro lavoro comporta stipendi bassissimi, part time il più delle volte involontari, condizioni di inquadramento che peggiorano ad ogni cambio di gestione. Moltissimi di loro hanno acquisito professionalità e competenze e hanno anche anzianità lavorative molto lunghe. Tutti fattori che in un mercato del lavoro normale dovrebbero rappresentare un punto di forza, per chi lavora negli appalti, invece, sono una penalizzazione perché quello che conta è sempre abbassare il più possibile il costo del lavoro». «Né con la precedente maggioranza né oggi si intende assumersi la responsabilità di una decisione che tuteli i lavoratori e le lavoratrici. I nostri appelli fino ad oggi sono sempre stati ignorati, dunque siamo pronti ad agire per tutelare questi addetti in vista dei prossimi importanti cambi di appalto», hanno detto Roland Caramelle, Paola Bassetti e Francesca Delai della Filcams del Trentino.

La proposta

Per il sindacato di via Muredei la strada per uscire da questa situazione è una sola: finalmente una scelta politica forte che inverta la rotta sui servizi e la tutela del lavoro. La regione Toscana si è già mossa in questa direzione con una legge, dell’aprile di quest’anno, che per tutelare la stabilità del personale nel cambio appalto stabilisce che le stazioni appaltanti devono tenere conto, nella valutazione dell’offerta economica, del riassorbimento di tutto il personale e del mantenimento delle condizioni retributive e normative. «Una buona legge che dovrebbe essere presa d’esempio anche dalla Provincia di Trento a cui ricordiamo anche che i servizi non si toccano perché sono già stati ridotti ai minimi termini e il costo del lavoro deve essere la priorità assoluta da tutelare ad ogni cambio di appalto». Inoltre, in vista del rinnovo, nel 2020, dell’appalto della sanità, che coinvolgerà più di 800 lavoratrici, la Filcams propone «la definizione di un accordo quadro tra Azienda sanitaria, assessorato e sindacati, che ancora prima delle stesura del capitolato d’appalti, definisca le linee guida vincolati per tutelare i lavoratori, precisando contratti di applicazione, il mantenimento delle condizioni e la reintroduzione, come fatto in Toscana, dell’articolo 18».















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