il delitto

L’ultimo sms alla moglie «Qui è tutto tranquillo»

Quando Sorrentino lo ha scritto aveva già ucciso i figli ed era pronto a suicidarsi La mattina il messaggio al padre: «i piccoli stanno a casa, hanno dormito male»



TRENTO. «Non venire a prenderli, i bambini oggi non vanno a scuola, hanno dormito male, li tengo a casa». Poche parole, pacate, tranquillizzanti. Una normale comunicazione di servizio quella che Gabriele Sorrentino ha scritto, via sms, al padre Alberto. Quest’ultimo abita nella schiera delle Albere davanti a quella del figlio e anche lunedì, come ogni mattina, era pronto per coprire quella piccola distanza e andare nel grande attico della famiglia Sorrentino-Failla per prendere i piccoli di casa e portarli all’asilo. Ma il messaggio lo ha fermato. Un messaggio che forse Gabriele Sorrentino ha scritto quando aveva già ucciso i figli Alberto, di quattro anni, e Marco, appena due anni e mezzo. Un messaggio per trasmettere tranquillità e normalità, per coprire quello che era successo e quello che stava per succedere.

Sono numerosi i messaggi che Gabriele Sorrentino, nella mattinata di lunedì, ha scambiato con la moglie, il padre e la suocera. Messaggi normali, che riguardavano la gestione dei bambini che toccava tutti. C’era un equilibrio di ruoli per coprire le esigenze dei più piccoli. Una routine rodata nel tempo. Il primo punto era il passaggio del nonno per prendere Alberto e Marco. Ma lunedì non era necessario, i bambini sarebbero rimasti a casa. Poi il messaggio alla moglie per avvertirla che Alberto e Marco sarebbero stati portati dalla nonna alle 10. Lui, Gabriele, aveva degli impegni di lavoro e poi c’era il rogito dell’appartamento. Quindi anche in questa comunicazione non c’era nulla di strano. Un’informazione di servizio, una normalità che nascondeva la tragedia. L’ennesima negazione della realtà da parte dell’uomo. Che aveva ucciso ed era pronto ad uccidere anche sè stesso. Intanto Gabriele stava spostando gli appuntamenti fissati per lunedì. Scuse diverse, per giustificarsi senza dire o far intuire quello che era successo. Poi l’ultima comunicazione con la moglie. Un messaggio per tranquillizzarla. Le 10 sono passate, i bambini non sono dalla nonna, ma Gabriele dice che non ci sono problemi, che stia tranquilla. La cella telefonica racconta che quel messaggio Sorrentino lo ha scritto quando era già sul belvedere di Sardagna, quando aveva già ucciso Alberto e Marco, e quando aveva deciso di farla finita, di gettarsi nel vuoto. Lasciando il telefono nella sua potente macchina, vicino ai seggiolini dei bambini.

Un telefonino sul quale sono arrivati altri messaggi e telefonate della moglie che non riusciva a capire perché non riceveva alcuna risposta. Quello che era successo la donna lo ha scoperto poco dopo mezzogiorno quando ha aperto la porta di casa del grande appartamento di via della Costituzione, al civico 17 e ha visto i corpi dei due figli, massacrati dalle martellate dal marito. Dopo due ore, la notizia del suicidio del marito. E l’annientamento di quella vita che sembrava perfetta ma che nascondeva bugie (o finte verità) che hanno spinto un uomo a massacrare i due figli piccoli e ad uccidersi. Un percorso mentale che resterà insondato quello che ha portato Gabriele Sorrentino a mettere in atto la tragedia. Nessuno si era accorto di quello che si agitava nella sua mente, di quello che stava maturando. La coltre di bugie copriva tutto e rendeva impossibile arrivare al nocciolo della questione, a quel fallimento economico che è diventato anche un fallimento personale. E Gabriele ha mantenuto il suo ruolo di padre amorevole, marito attento e operatore finanziario accorto fino alla fine. Anche quando aveva già ucciso i suoi figli, Sorrentino, è riuscito a continuare ad avere un rapporto «normale» con i suoi famigliari. Nelle parole scritte, non c’era nulla che lasciasse trasparire il dramma. Anche lette a posteriori, non c’è nulla di strano in quelle frasi. Tutto normale anche quando di normale non c’era più nulla. C’era solo la morte. (m.d.)

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