IL CASO

L'azienda sanitariaoscura Facebook

L'Azienda sanitaria ha vietato l'accesso a Facebook ai suoi oltre 7.000 dipendenti. Da venerdì scorso, infatti, chi vuole accedere al social network più famoso del mondo si ritrova una schermata che spiega che la pagina non può essere visualizzata. Una scelta forte che l'Azienda spiega così: «Visto quello che succede attraverso l'uso improprio di certi sistemi, abbiamo deciso di bloccare l'accesso a Facebook per evitare spiacevoli inconvenienti»


Jacopo Tomasi


TRENTO. L'Azienda sanitaria ha vietato l'accesso a Facebook ai suoi oltre 7.000 dipendenti. Da venerdì scorso, infatti, chi vuole accedere al social network più famoso del mondo si ritrova una schermata che spiega che la pagina non può essere visualizzata. Una scelta forte che l'Azienda spiega così: «Visto quello che succede attraverso l'uso improprio di certi sistemi, abbiamo deciso di bloccare l'accesso a Facebook per evitare spiacevoli inconvenienti». E l'ultimo episodio controverso ha visto protagonista proprio l'ex direttore dell'Azienda sanitaria trentina, Carlo Favaretti, ora al Santa Maria di Udine, dove un'infermiera metteva on line foto dei pazienti.

Basta ai dipendenti che perdono tempo nelle chat. Stop a chi usa il computer sul posto di lavoro per commentare o caricare fotografie sui social network. Ma, soprattutto, no all'uso improprio di certi programmi o del web in genere. L'Azienda sanitaria trentina, che conta oltre 7.000 dipendenti, ha deciso di usare la linea dura bloccando da venerdì scorso l'accesso a Facebook a tutti i suoi lavoratori. Chi tenta di accedervi si trova la strada sbarrata da una schermata che spiega, in inglese, che la pagina non può essere visualizzata. Sentendo i vertici di via Degasperi il motivo non è solo "brunettiano": più che rendere la vita dura ai fannulloni che passano troppo tempo su internet facendosi gli affari loro, si vuole tutelare l'azienda da "spiacevoli inconvenienti". «Visto quello che succede attraverso l'uso improprio di certi sistemi - spiegano - abbiamo preso questo provvedimento. E' più che altro una questione di prudenza».

I precedenti certo non mancano, sia a livello nazionale che provinciale. L'ultimo ha visto protagonista un'infermiera dell'azienda Santa Maria della Misericordia di Udine, diretta da Carlo Favaretti ex supermanager dell'Azienda sanitaria trentina, che all'insaputa di colleghi e pazienti inseriva su Facebook fotografie di persone ricoverate in terapia intensiva. Un fatto grave, ripreso da tutti i media, che probabilmente ha messo sull'attenti anche il direttore generale Franco Debiasi. Ma le polemiche su questo social network si rincorrono da mesi. Lanciato nel 2004 da Mark Zuckerberg (all'epoca diciannovenne), ha registrato un vero boom la scorsa estate arrivando a contare 200 milioni di contatti in tutto il mondo ed una valutazione di 16 miliardi di dollari. Il sito permette di scambiarsi foto, materiali, commenti, ma mette anche a serio rischio la privacy di ognuno.

Lo sa bene un professore trentino del liceo scientifico Da Vinci di Trento, Alberto Conci, che si era visto "rubare" l'identità da ignoti che avevano creato un account col suo nome. Ma il sito americano era finito al centro del dibattito anche per i gruppi pro-stupro e pro-mafia che erano stati creati nei mesi scorsi. Episodi a dir poco spiacevoli che l'Azienda sanitaria trentina ha deciso di evitare bloccando l'accesso al sistema da parte dei suoi dipendenti. Non tutti, però, l'hanno presa bene. Qualcuno fa notare che la decisione penalizza anche chi utilizzava Facebook solo in pausa pranzo, un passatempo che ora non potrà più essere contemplato.

Ma l'Azienda sanitaria non è nuova per decisioni di questo tipo. Le mail, ad esempio, hanno un sistema di controllo che impedisce l'arrivo di testi che contengono parolacce (line che qualche tempo fa ha deciso di adottare anche il Comune di Trento). Non solo. Già da un paio d'anni l'accesso ad internet è consentito solo per motivi strettamente di lavoro: se si viene «beccati» per troppo tempo a navigare su un sito ritenuto - diciamo - inopportuno si può essere sanzionati. Ma adesso la stretta è ancor più decisa, con il blocco del sito internet più cliccato dagli italiani: www.facebook.com.













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