L’arte dei big sale in quota: ecco i «Suoni delle Dolomiti»

Ancora una volta un cartellone ricco e molto vario: Gualazzi, Nina Zilli, Capossela. Ma ci sono anche Marcorè, Mannoia e Barbarossa. E poi Baricco con Brunello


di Carmine Ragozzino


TRENTO. Sarà che camminando, e spesso scarpinando, il godimento culturale odora di conquista. Che sia musica, teatro, parola, lettura o contaminazione d’arte poco importa. Uno spettacolo «in quota» non è solo una curiosa opzione altimetrica: per il pubblico e per l’artista. Esprimersi in un verde secco oppure umido, con le vette e i boschi a fare scenografia, è uno «sballo» per chi ha l’abitudine di calcare i palchi senza abbronzarsi alla luce dei fari. Un cantante, un attore, uno scrittore, un musicista ,(e tanti che mettono insieme le une e le altre discipline), sono costretti, (felicemente costretti), ad un’intimità che cambia e rende «unica» la dimensione di un’esibizione. Ecco perché - così giura Paolo Manfrini, l’anima della manifestazione - i «Suoni delle Dolomiti» rinnovano di anno in anno un «richiamo» che vive sul virtuoso equilibrio tra cultura, l’intrattenimento, ambiente e turismo. Ed ecco perché anche quest’anno gli innumerevoli e variegati appuntamenti dei «Suoni» - che ieri sono stati presentati a Milano - saranno segnati da circoletto rosso nelle agende di migliaia e migliaia di «spettatori zaino in spalla».

C’è di che perdersi nel cartellone che riempirà di note ed emozioni ogni angolo alpino del Trentino. E c’è, dunque, il diritto di scelta nell’evidenziare alcuni eventi.

La musica padrona, come sempre. A mettere le pedule, (ci sono ancora le pedule?), per esibirsi in quota saranno - tanto per dire - Vinicio Capossela, Raphael Gualazzi, Baustelle, Nina Zilli, (tromba coccolata da quel re che di fiati che è Fabrizio Bosso). E in quanto a regnanti della qualità, ecco Fiorella Mannoia che si unisce a Neri Marcorè, (il trionfo del poliedrico d’arte) e ad un redivivo Luca Barbarossa in un trio - debutto sonoramente teatrale.

E poi, immancabili, i «progetti» che nascono apposta per i suoni. Come ad esempio quello che vede Alessandro Baricco in un duetto di armoniche parole con quel Mario Brunello che ha fatto dei Suoni un’irrinunciabile «casa estiva» del suo violoncello.

Suoni, montagna, Trentino. Eppure - e per fortuna - mondo. E mondi musicali. Il Brasile e il jazz, tanto per citare, nel passaggio intrigante di un mandolino che sembrano mille qual’è quello di Hamilton de Holanda. Oppure il jazz degli anni Venti, (che jazz), con Mauro Ottolini e Sausaphinics. Si diceva che la lista è eterna: dell’eterno è dura far sintesi. Ma non si può non citare lo strambimonio, (strambo matrimonio), tra Marco Paolini, Lorenzo Monguzzi (ex Mercante di Liquore) e La Piccola Orchestra Variabile in un teatromusica di impatto garantito. Ma ai «Suoni» va di tutto, ed anche di più. Presente in forze prestigiose la «classica». E pure l’etno musica di un’Orchestra di Piazza Vittorio che ad ogni nota multicolore fa capire che più si lascia contaminare più l’umanità migliora, (e i leghismi risposino in pace).

Insomma i «Suoni» hanno il cartellone giusto per confondere città e montagna e ricavare il meglio dell’una e dall’altra. Metropolitani sono gli spettacoli. Ma «naturale» è l’ambiente, il «clima», che condiziona in positivo l’arte. Archiviando gli «orpelli» da show per ritrovare semplicità ed essenza. Manfrini dice che è per questo che costruire il «cast» dei Suoni è un’impresa in fondo facile: gli artisti accettano con entusiasmo. Certo, accetteranno con entusiasmo anche il cachet che avaro non è mai stato. Ma che, per la mole di eventi, e il riscontro che hanno, non è nemmeno un’eresia.













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