Kaswalder e la bestemmia in aula: bufera 

Il consigliere prova a negare, alla fine si scusa: «Era un’imprecazione». Dorigatti lo richiama: «Serve un linguaggio consono»


di Chiara Bert


TRENTO. Bestemmia o imprecazione da bar, che dal bar può trasferirsi, ormai sdoganata nell’era in cui i social network vomitano parolacce e insulti a getto continuo, anche in un’aula consiliare? Sull’esclamazione pronunciata ieri dal consigliere Walter Kaswalder in consiglio provinciale, durante un duro botta e risposta con l’assessore Mauro Gilmozzi, è scoppiata una bufera.

«Ostia», si è lasciato sfuggire il consigliere ex Patt (oggi Gruppo Misto) davanti alla replica dell’assessore che dava parere negativo alla sua mozione che chiedeva una ricognizione dei pozzi agricoli per togliere il cemento amianto. Una parola pronunciata «fuori microfono», ma udita distintamente da molti consiglieri. E in primis da Gilmozzi, che lo ha fatto notare pubblicamente.

A quel punto è intervenuto il presidente del consiglio Bruno Dorigatti a stigmatizzare duramente l’accaduto: «Inaccettabile. In consiglio serve un linguaggio consono - ha ammonito - le parole hanno un peso e noi qui non parliamo solo all’aula ma all’intera comunità».

Durissima la reazione di Kaswalder, che di fronte alla reprimenda di Dorigatti è intervenuto rivendicando di non aver mai detto quello di cui lo si accusava: «Lei presidente non può permettersi di ammonirmi, sono pronto a denunciare chi mi accusa ingiustamente». Ma a confermare che la parola incriminata era stata pronunciata ci hanno pensato i colleghi. Claudio Cia ha provato a difenderlo dicendo che «sono cose che si sentono comunemente al bar». Anche Claudio Civettini ha detto di «averne sentite di peggiori». Lucia Maestri (Pd) ha confermato a sua volta di aver sentito l’imprecazione.

Ne è nato un dibattito, anche su cosa debba intendersi per bestemmia e cosa no. «Ostia, per chi crede, è il corpo di Cristo». «No, è un’imprecazione da bar».

È stato poi lo stesso consigliere ad ammettere di aver pronunciato l’imprecazione, ma per l’appunto come imprecazione sull’onda della rabbia del momento, ed ha chiesto scusa all’aula.

Il caso si è chiuso così. A sera Dorigatti ribadisce: «Capisco la passione, ma non può travolgere il contegno che si deve tenere in aula. Questo va a discredito non solo del singolo consigliere ma dell’aula intera. Considero mio compito richiamare ad un linguaggio rispettoso, come ho sempre fatto anche prima di oggi, in più occasioni».













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