In Trentino mamme disoccupate dopo il parto

Da gennaio 220 donne hanno lasciato il lavoro perché non ce la facevano


Ubaldo Cordellini


TRENTO. In tempo di crisi, le più deboli sono le donne. Le prime a perdere il lavoro, soprattutto quando hanno figli. I dati del servizio lavoro della Provincia sono allarmanti. In poco più di 10 mesi, a partire dall'1 gennaio a oggi, in Trentino si sono licenziate 222 neomamme. Un numero a dir poco sbalorditivo. La maggiorparte lo ha fatto perché non sa dove lasciare il figlio. Le dimissioni rilevate dal Servizio lavoro della Provincia sono state tutte entro il primo anno di vita del bambino. Walter Largher della Uil commercio spiega che i dati sono molto preoccupanti: «Il fatto che ben 222 donne siano state costrette a licenziarsi nell'arco di dieci mesi perché hanno avuto un figlio mostra come non ci siano ancora gli strumenti per conciliare il lavoro con la famiglia. Noi chiediamo che questi strumenti vengano attivati al più presto. Il dettaglio dei dati dimostra come in Trentino ancora il welfare sia ampiamente deficitario». Delle 222 donne che si sono licenziate, ben 143 hanno dichiarato di averlo fatto perché non aveva il supporto dei parenti, altre 12 hanno spiegato di essersi licenziate per la mancanza di asili nido, 22 donne hanno motivato il loro addio al lavoro con il rifiuto da parte dell'azienda di un contratto par-time e solo 13 hanno dichiarato di essere passate a un'altra azienda. Nadia, 42 anni di Lavis, madre di 3 figli spiega perché si è licenziata: «Io ero commessa in un negozio di articoli sportivi a Trento. Anche mio marito lavora nel commercio e gli orari erano uguali. Dopo la nascita del primo figlio abbiamo visto che non era possibile conciliare il lavoro con la famiglia». Nadia spiega di averle provate tutte: «Io finivo di lavorare alle sette di sera, ma gli asili chiudono al massimo alle 17. Non sapevo a chi affidare i miei figli. Ho provato a chiedere il par-time al negozio, ma non si poteva perché serviva che lavorassi il pomeriggio, mentre io preferivo la mattina. Così, insieme a mio marito Massimo, abbiamo deciso che io restassi a casa». La scelta non è stata indolore, dal momento che in casa lavora solo il marito, ma Nadia non se ne pente: «Abbiamo dovuto rinunciare a qualcosa. In famiglia siamo in 5 e andiamo avanti con lo stipendio di mio marito, ma il rapporto con i figli è importante». Intanto, i lavoratori Cosbau hanno un primo sollievo dopo tanti mesi. Il ministero ha sbloccato la cassa integrazione per il mese di settembre. L'assegno è disponibile da questi giorni. Per il pregresso, invece, i sindacati hanno già presentato un'altra domanda. I 130 lavoratori dell'impresa edile in liquidazione non prendono lo stipendio da marzo.

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