In Trentino 400 «furbetti» della malattia

Nel 2016 nel privato 134 mila certificati (+3%). Zanotelli (Inps): «Oggi la tecnologia ci aiuta a fare controlli più mirati»


di Chiara Bert


TRENTO. Sono stati circa 400 nel 2016 in Trentino i “furbetti della malattia” nel settore privato, pizzicati dall’Inps durante le visite fiscali: lavoratori che in realtà malati non erano, o che non avevano la malattia che pure avevano dichiarato di avere inviando un certificato medico alla propria azienda, o che non erano in casa quando avrebbero dovuto esserci.

Si tratta del 10% sul totale delle 4419 visite mediche a domicilio effettuate dall’Istituto di previdenza, contro una media nazionale di contestazioni che si aggira sul 14%. «Un’incidenza relativamente bassa», evidenzia il direttore dell’Inps regionale Marco Zanotelli, «nella maggior parte dei casi parliamo di malattie brevi o di assenteisti “seriali” sospetti nei confronti dei quali le aziende decidono di vederci chiaro». Proprio le prognosi brevi dei dipendenti pubblici, quelle vicine ai weekend e ai giorni festivi, sono uno dei nodi su cui il governo vuole intervenire con un giro di vite: oggi la distanza tra pubblico e privato in questo caso è evidente, le malattie di un solo giorno sono il 12% nel privato e arrivano al 27% nel pubblico.

La riforma. All’Inps il governo vuole trasferire la competenza delle visite fiscali anche sul settore pubblico, che attualmente sono di competenza delle Aziende sanitarie, creando un polo unico della medicina fiscale, dunque dei controlli: il decreto della ministra Marianna Madia - già battezzato il decreto della stretta sui “furbetti del weekend” - dovrebbe rafforzare l’efficacia degli accertamenti: possibilità di verifiche ripetute e mirate, grazie al cervellone informatico che incrocia tutti i dati, armonizzazione delle fasce di reperibilità che oggi sono diverse, 4 ore al giorno (10-12, 17-19) nel privato e 7 ore (9-13, 15-18) nel pubblico, regolamentazione dei permessi come quelli della legge 104 (per le disabilità del lavoratore e dei familiari).

Un aumento del carico di lavoro che non spaventa Zanotelli: «Avevamo anche due sistemi pensionistici, per i pubblici e i privati, ora ne abbiamo uno unico. Sarà la stessa cosa per le certificazioni di malattia e io lo vedo positivamente. Si può fare non a costo zero, ma a costi limitati. La strumentazione all’Inps c’è già, si tratterà di armonizzare gli orari delle visite che oggi penalizzano il dipendente pubblico, in modo che i lavoratori siano uguali, con le stesse regole. Senza dimenticare che il nostro cervellone rappresenta una banca dati preziosissima sulla storia dei lavoratori e sulla morbilità degli italiani».

I numeri. I dati dell’Inps dicono che nell’anno appena passato sono stati 134 mila i certificati di malattia dei dipendenti del privato trasmessi all’Inps di Trento direttamente per via telematica, 4 mila in più del 2015 e 11 mila in più del 2014. Gli ultimi dati consolidati, riferiti al 2015, indicano che l’incidenza più alta di malattia riguarda la fascia d’età tra i 50 e i 54 anni (16,7%), seguita da quella 45-49 (15,9%) e dalla 55-59 (15,5%); i più sani sono i più giovani, 0,3% fino a 19 anni, 3,7% da 20 a 24.

L’aiuto della tecnologia. Nel 2012 sono stati mandati in soffitta i vecchi certificati medici su carta, quelli dove il medico di famiglia scriveva a mano la diagnosi e che il lavoratore consegnava personalmente in azienda. Oggi i medici di base inviano on line il certificato al cervellone dell’Inps indicando il codice noseologico, ovvero il codice della malattia, e addio così influenze generiche, le patologie sono necessariamente dettagliate. A questo punto entra in azione il «sistema Savio» che fornisce ai medici fiscali una prima scrematura di eventi su cui indirizzare i controlli: il sistema individua per esempio quando siamo in presenza di certificati ripetuti, o di malattie diverse a distanza di pochi giorni una dall’altra, o ancora - viceversa - quando frequenti certificati sono giustificati da una patologia grave del lavoratore.

A valle di «Savio», le visite di controllo a domicilio d’ufficio fatte dall’Inps sono state 3500 nel 2016, a cui vanno sommate 919 visite richieste dalle aziende: numeri in aumento, rileva Zanotelli, che ricorda con soddisfazione come - dopo il caso trentino sollevato da Chiara Dossi nel 2015, oggi sia previsto a livello nazionale che chi è sottoposto a terapie salvavita (come la chemioterapia) non è sottoposto a visite fiscali.

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