In seimila al rifugio per Vecchioni

Grande successo per il concerto in quota del cantautore che ha vinto Sanremo



TRENTO. In un'epoca segnata dalla velocità, da impegni, da un susseguirsi incessante di informazioni e scadenze, forse ciò che riesce ancora a segnare le persone sono, alla fine, le emozioni e così una vacanza può trasformarsi in occasione non solo per rigenerarsi dalle fatiche ma anche per vivere più a fondo. Ne hanno avuto conferma i seimila saliti al rifugio ai Todes-ci per assistere al concerto di Roberto Vecchioni per I Suoni delle Dolomiti.

Il cantautore, recente vincitore del Festival di Sanremo, non ha certo deluso le aspettative e si è presentato al microfono pieno di energia per un live set giocato letteralmente su tutto ciò che tocca il cuore. Al suo fianco tre validi musicisti come Eros Cristiani alle tastiere e alla fisarmonica, Antonio Petruzzelli al basso e Massimo Germini alla chitarra.

L'apertura è stata dedicata alla forza dei sogni e della poesia con "Sogna ragazza sogna", definita da Vecchioni la canzone che ha anticipato per i temi quella vincitrice di Sanremo. «Sarà un concerto dedicato all'aldilà» ha poi continuato, ma si è fin da subito inteso che l'aldilà di Vecchioni in realtà altro non è che un modo per guardare al presente e alla profondità della vita. Così eccolo omaggiare l'ideale di una femminilità che «non voglia assomigliare agli uomini» in "Voglio una donna" e cantare l'amore e la vita che si confronta con le cose davvero importanti in "Le lettere d'amore".

Tra i vari pezzi il musicista milanese (che ha sottolineato «siete un numero sterminato, ma un pubblico di grande qualità») ha anche lanciato una serie di riflessioni e domande come ad esempio: cosa ci porteremo nel luogo dove andremo una volta morti? Cosa facciamo se un giorno ci giunge il segnale che il nostro tempo sta per scadere? Saremo coscienti di aver vissuto pienamente?

Ad ogni domanda è stata abbinata una storia, un po' come certi filosofi greci, che usavano la narrazione per trasmettere i propri insegnamenti o come i pittori medievali che veicolavano le verità della fede nelle scene contenute nei dipinti. Sono quindi arrivate le canzoni in tema come "Mi porterò", "Le mie ragazze" e "Viola d'inverno" il suono che, a detta di Vecchioni, preannuncia che il tuo tempo è giunto. Nessuna vena di tristezza, però, piuttosto tanti spunti ed emozioni e il pubblico ha seguito instancabile racconti e canzoni, sottolineando ogni passaggio con applausi.

Nell'ora e mezza di musica c'è stato ovviamente spazio anche per l'amore e brani famosi come "Mi manchi", "Milady", quel bell'inno alla coerenza che è "Figlia" mentre all'altro figlio è stata dedicata "Le rose blu". E proprio su questo intenso e toccante componimento si è raggiunto un momento di grande intimità con i presenti. «Racconta - ha voluto spiegare Vecchioni - un episodio della mia vita in cui a uno dei miei figli è stata diagnosticata una malattia, una di quelle che ti segna per tutta la vita. Mi sono chiesto cosa avrei dato per la sua salvezza. Ho pensato alla vita, ma quella si perde in un attimo. Ho capito che l'unica cosa che potevo barattare erano le esperienze della mia vita, tutto quello che l'aveva resa ricca. Avrei scelto una vita da lombrico per la salvezza di mio figlio». Un messaggio potente e una canzone dai contenuti così forti da far salire le lacrime a molti dei presenti.

La parte finale del concerto ha visto la proposta di hit come "Luci a San Siro", "Chiamami ancora amore" e la trascinante "Samarcanda" sulle cui note è stato impossibile rimanere fermi.
Tra coloro che sono saliti in quota per ascoltarlo anche il noto scrittore e alpinista Mauro Corona.













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