In moto col turbante: multato

La sua religione non gli consente di usare il casco ma la polizia locale di Tione non ha sentito ragioni


di Ettore Zini


TIONE. Quando vengono battezzati fanno voto di non tagliarsi i capelli, di non fumare e di non bere alcol. Ma, soprattutto di non togliersi mai il turbante. Considerato elemento sacro e inseparabile simbolo religioso. Un bel problema per chi in Italia vuol circolare in motocicletta, dove il casco è obbligatorio. Sono gli indiani della comunità Sikh. Ieri, quando uno di loro è stato fermato a Tione da una pattuglia della Polizia delle Giudicarie, e non voleva sentire ragioni per la multa contestatagli, in quanto sprovvisto di casco. «La nostra religione – ha ripetutamente spiegato – impone di non togliere mai il turbante in pubblico. Per questo, per noi è impossibile usare il casco previsto dalla legge italiana. Il turbante - ha spiegato il trentenne residente a Levico, venuto in Giudicarie in visita a parenti a bordo di un motorino – è un precetto da più di trecento anni, ed è un segno distintivo della nostra identità. È un elemento in più del nostro corpo. Toglierlo in pubblico è peggio che denudarsi». A nulla sono servite però le sue giustificazioni. La pattuglia è stata inflessibile. Ha comminato una multa di 84 euro e il sequestro per 60 giorni del ciclomotore al giovane Sikh. Che, in virtù dei suoi precetti religiosi, era sicuro di poter derogare alle leggi del Codice della strada italiane. Nei loro paesi d’origine togliersi in pubblico il copricapo tradizionale, per questa comunità che vive principalmente nel Punjab e segue una religione fondata sull'insegnamento di dieci guru vissuti tra il 15° e il 17° secolo, è quasi un sacrilegio. Per questo, pur non derogando alle prescrizioni di legge, i militi di Tione hanno cercato di comprendere le giustificazioni del trasgressore. In Gran Bretagna e in Canada le comunità appartenenti a questa setta religiosa hanno già ottenuto il permesso di stare in sella a una moto con il turbante. Mentre in Spagna, in Catalogna, dove ne vive un gruppo particolarmente numeroso, è stata iniziata una battaglia per ottenere l’esenzione dall’obbligo di indossare il casco. Nonostante le rivendicazioni, il motociclista, a causa del sequestro, ha dovuto abbandonare il suo motociclo e tornare in Valsugana con altri mezzi di locomozione che “tollerano” anche l’utilizzo di copri capi non a norma.













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