In mille per l'addio a SamueleCaccia ferma in segno di lutto

Folla a Tassullo per i funerali del giovane ucciso da un colpo accidentale di un collega. Il parroco: «Morire così è disumano. Riscoprire la prudenza»


Ubaldo Cordellini


TRENTO. Erano quasi mille. Sono venuti da tutto il Trentino per dare l’addio a Samuele. Guardacaccia con la divisa di pesante panno verde, agenti del corpo forestale della Provincia, politici, cacciatori con il cappello ornato da piume varie e tanti, ma soprattutto tanti, ma davvero tanti, amici.

Samuele Torresani se l'è portato via a 26 anni un assurdo incidente di caccia, la prima giornata della stagione venatoria. Per ricordarlo e onorarlo ieri le doppiette trentine sono rimaste mute. Il presidente dell'Associazione cacciatori trentini Giampaolo Sassudelli accanto alla bara ha anche detto che chi è andato a caccia può anche farsi rappresentare da qualcun altro.

La bara in legno chiaro è partita dalla chiesetta di Santa Lucia nella frazione di Campo di Tassullo, dove Samuele abitava con la famiglia. Gli amici l'hanno portata a spalle alternandosi fino alla chiesa del paese. Dietro il papà del giovane morto, Antonio, la sorella Nazarena, gli amici e una folla commossa. La mamma di Samuele, Lucia, e la nonna Jole aspettavano in chiesa. Distrutte. La chiesa era piena e anche la piazza. Era stato allestito anche un maxischermo per seguire le esequie. Confusi tra la folla c'erano l'assessore provinciale Franco Panizza e il consigliere Nerio Giovanazzi, appassionato cacciatore. Il parroco don Luciano Wegher ha officiato insieme a don Franco Torresani, lontano parente di Samuele.

Tra la folla non c'era Claudio Angeli, il cacciatore che ha sparato al giovane. La gente diceva che era ricoverato in ospedale a Cles in preda a un crollo nervoso. Don Luciano ha tuonato: «Morire così non è umano. Ci insegni almeno il valore della prudenza». Il parroco ha anche ricordato che il giovane, in un estremo atto di generosità, ha donato gli organi: «Diciamo grazie a Samuele. Qualcuno ora può vivere grazie a lui». Don Luciano ha anche svelato un particolare che mostra la crudeltà del destino: «La frase di sant'Agostino usata per il ricordo funebre mamma Lucia l'aveva scelta per il suo funerale, ma l'ha dovuta usare per quello del figlio». Una frase è corsa sulle labbra di tutti quelli che conoscevano e amavano il giovane orafo: «Le persone che amiamo e abbiamo perduto non sono più dove sono, ma ovunque noi siamo».

La chiesa era piena di amici. Giovani che con Samuele giocavano a calcetto, condividevano la passione per la caccia, passavano le serate a parlare fino a tardi. Una di loro ha messo sulla bara la maglia rossa con il numero 2 che Samuele indossava nei tornei della valle. La sorella Nazarena ci ha messo sopra la foto incorniciata che aveva tenuto stretta al petto per tutta la processione.

Alla fine hanno parlato gli amici: «Voglio ricordarti in modo semplice come eri tu. Orgoglioso di farci assaggiare la selvaggina che cacciavi tu». Un'amica ricorda: «Cercavi tanto una ragazza semplice, che non pensasse solo ai vestiti», ha detto uno di loro.

Il consigliere dell'Associazione cacciatori Lino Rizzardi si è commosso fino alle lacrime: «Samuele era un esempio forte di fiducia in se stessi e coraggio. In un mondo dove i giovani sono sfiduciati e timorosi, aveva carattere da vendere e non sceglieva la strada più comoda. Avrebbe potuto seguire la strada del padre, con un'officina ben avviata. Invece ha voluto aprire una propria attività di orafo e creava bellissimi gioielli. Dobbiamo intitolargli il poligono di tiro». Poi rivolto al morto. «Samuele anche dopo l'incidente sei stato forte. Claudio ti aveva ferito e tu non hai avuto parole dure. Tu lo hai perdonato. Dio ti ringrazio per avermelo fatto incontrare. Adesso lascialo andare per le montagne». Le ultime parole sono state sommerse da un applauso, con il padre di Samuele che batteva le mani più forte degli altri. La bara è stata portata fuori per l'ultimo saluto. Mamma Lucia, sorretta da nonna Jole e dalla figlia è scoppiata in un pianto inconsolabile.

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