In marcia contro la trappola slot

Centinaia di persone al corteo del Trentino. Consegnate 6 mila firme al Commissariato del Governo


di Maddalena Di Tolla


TRENTO. «Non cadere in trappola», perché «è facile perdere: sempre». Così recitavano alcuni degli svariati cartelli che ieri decine e decine di giovani portavano al collo e intorno al corpo, partecipando al corteo, avvolto dal vento ancora invernale, partito da Palazzo Geremia e organizzato contro il gioco d'azzardo dall'Ama in collaborazione con il Comune e il nostro giornale.

L'obiettivo era, di tappa in tappa, raccontando col megafono rischi e danni, sensibilizzare i cittadini sul problema che anche nel 2012, osservando i numeri, si è aggravato, e, alla fine, consegnare fisicamente le circa seimila firme raccolte, anche grazie al nostro giornale, alla vice prefetta, Lucia Iannuzzi, che ha accolto presso il Commissariato del Governo una delegazione di consegnatari.

Quasi speculare al richiamo al valore del denaro espressa dai manifestanti, è comparso ad un certo punto sul tragitto del lungo, allegro e disordinato corteo un giovane, vestito con un sandwich di cartelli pure lui, ma che recitava una parte ben diversa: pubblicizzava uno dei tanti punti di acquisto dell'oro usato. Ma se si pensa che sia la crisi ad aggravare il problema delle dipendenze da gioco d'azzardo e la propensione a buttarsi sul caso per fare fortuna, si è fuori strada. Ieri infatti il matematico torinese Paolo Canova, curatore insieme al collega Diego Rizzuto della bella mostra “Fate il nostro gioco” allestita alla Cassa di risparmio in via Calepinia, fino al 18 aprile, ha ricordato che nella vicina Francia, al contrario dell'Italia la conseguenza della crisi è stata la riduzione delle giocate. In Italia invece nel 2012 si sono bruciati fra slot machines, poker elettronico, gratta e vinci e altri giochi ben 80 miliardi di euro, che equivalgono alla mostruosa media di 1300 euro di giocate a testa. Ma ovviamente sono soprattutto i giocatori patologici che mettono i soldi sul ricco piatto di questa follia, pubblicizzata in modo esagerato, hanno osservato i più.

All'Ama ricordano di aver visto passare lo scorso anno dai loro gruppi circa 114 giocatori. Ecco alcuni stralci delle loro testimonianze, raccolti da Ama e ieri rilanciati attraverso i l megafono nella tappa di Piazza Duomo «Mi ero isolato completamente, non avevo più rapporti neanche con mia moglie», oppure «Non mi importava più di nessuno, nemmeno di mio figlio», e ancora «Avevo completamente perso il valore del denaro». Così, in un tunnel di compulsività e rischio, persone con stipendi di nemmeno duemila euro al mese, possono arrivare ad accumulare perdite e debiti per centinaia di migliaia di euro. Don Celestino Riz, parroco di Roncone da un anno e mezzo, ha ricordato una similitudine fra l'Argentina di poco prima del crack e l'Italia di oggi.

Allora i missionari parlavano di un paese dove ogni angolo riservava la possibilità di giocare, si facevano le collette per i poveri e dove la corruzione dilagava. Don Celestino racconta anche di come ora qui in Trentino le banche, di fronte al fallimento dei giocatori patologici e indebitati, arrivino a dimezzare i debiti pur di non restare con sofferenze impossibili da recuperare. E chiede ai cittadini una sorta di obiezione di coscienza, di evitare i locali con le slot, e sostenere i gestori che ad esse rinunciano. Parlano anche i volontari del Punto d'Incontro, che spiegano come i perdenti compulsivi arrivino a chiedere aiuto per mangiare e avere un posto caldo dove dormire, dopo aver perduto tutto.

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