«In città una prostituzione “familiare”»

Il questore Iacobone e il fenomeno delle squillo: «Sono un centinaio. Niente bande, ma piccoli nuclei di sfruttamento»


di Luca Petermaier


TRENTO. Un centinaio di donne che offrono piacere, la maggior parte nigeriane e colombiane, ma con una forte presenza anche delle squillo dell'Est, romene e bulgare in particolare. La mappa della prostituzione a Trento è variegata ma, in sostanza, non molto dissimile da quella di qualche anno fa. Via Brennero, Gardolo, via Sanseverino (zona nella quale - dicono gli investigatori bolzanini -in passato avrebbe lavorato anche la prostituta uccisa a Bolzano) e Trento sud sono le zone “storiche” e preferite da chi cerca sesso. Ma non mancano i grandi “ritorni”, come via Tomaso Gar dove (come ha scritto il Trentino qualche settimana fa) l'arrivo della nuova facoltà di Lettere ha portato un inatteso movimento di auto già dalle prime ore del pomeriggio, con i clienti che – in qualche caso – hanno scambiato le studentesse ferme in strada per professioniste del sesso, dando luogo a spiacevoli malintesi.

Il questore Giorgio Iacobone spiega, però, che non c'è da allarmarsi: «Il fenomeno della prostituzione è presente e forte anche a Trento, ma lo teniamo sotto controllo».

Questore, il delitto di Bolzano ha riportato all’attenzione della cronaca una questione che, in realtà, ognuno di noi ha davanti agli occhi ogni giorno. Forse ci abbiamo fatto l’abitudine, ma è sempre meglio non far finta di niente. A Trento com’è la situazione?

«Il mondo della prostituzione è difficile da monitorare perché vive molto di sommerso. Noi vediamo le ragazze che scendono in strada, ma non possiamo sapere con certezza chi sta dietro e ci guadagna con lo sfruttamento».

Malavita a tutti gli effetti a cui anche il Trentino non è stato immune. E oggi?

Fino a sei, sette anni fa dietro alla prostituzione cittadina si nascondevano vere e proprie bande di malviventi, che sfruttavano per lo più la prostituzione delle bulgare. Ora quelle bande sono state scoperte e sgominate. Oggi lo sfruttamento delle squillo è molto diverso».

Più “familiare”, possiamo dire così?

«Mi sembra la giusta definizione. In questo senso parlano anche gli ultimi arresti compiuti dalla polizia, come il rumeno che sfruttava la cugina e quella famiglia di bulgari che nella quale madre, figlio e convivente della figlia sfruttavano due moldave. Tutti costoro sono stati assicurati alla giustizia».

Com’è la geografia della prostituzione a Trento?

«Le ragazze dell’Est sono quelle più sfruttate dalle famiglie o dai parenti. Poi ci sono le sud-americane che si sfruttano un po’ tra di loro, nel senso che spesso sono prostitute anche le donne che mandano sulla strada le connazionali. Infine le ragazze nigeriane che vanno avanti e indietro da Verona».

Questa prostituzione “familiare” è forse più facile da controllare, ma gli effetti sull’opinione pubblica sono gli stessi: le ragazze in strada e il via vai di clienti in certe zone della città è piuttosto fastidioso. Che potete fare voi della polizia?

«Prostituirsi non è reato. Purtroppo noi possiamo solo tenere alta l’attenzione e cercare di dissuadere gli sfruttatori a frequentare la zona di Trento. Certo è che finché ci sono i clienti...Sul fronte della sicurezza, invece, la differenza tra la prostituzione organizzata e quella “familiare” è assai diversa: nel secondo caso i fatti di sangue, se ci sono, sono minori e meno gravi. E quando succedono - come nel caso dell’omicidio della squillo al primo giorno dell’anno - si tratta di episodi comunque legati a fatti privati e non allo sfruttamento».

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