frassilongo

Imbrattato il monumento ai caduti sotto la slavina

 La targa è in tedesco e qualcuno a pennarello ha scritto: «I trentini i parla trentin». Il capo Ana: «È stata fatta da qualcuno che non conosce la storia»


di Roberto Gerola


FRASSILONGO. Decisamente sdegnati i mocheni e in particolare gli alpini di Frassilongo per la scoperta che qualche ignorante ha imbrattato la stele di ferro battuto realizzata un anno fa in memoria di 14 militari austriaci caduti sotto una slavina.

“I trentini i parla trentin” ha scritto l’ignoto autore sulla superficie del monumento che riporta la storica frase di un secolo fa. Una frase in tedesco che il parroco militare di allora, e di stanza con il reparto di militari nella zona, aveva lasciato scritto a testimonianza e in ricordo delle vittime. Aveva commentato il tragico evento scrivendo per loro su un foglio di carta che poi aveva lasciato nel registro della parrocchia e che gli alpini di Frassilongo (e di Fierozzo) insieme ad altri volontari, avevano utilizzato e fatto scrivere sul monumento inaugurato un anno fa.

La slavina che aveva travolto i soldati era avvenuta in località Fontanelle che si trova a qualche centinaio di metri dalla “Bassa” tra la Panarotta e il Fravort, a valle di quest’ultimo. I corpi dei soldati furono poi recuperati e trasportanti ai Compi dove fu allestito un cimitero. L’intenzione era quella di salire al più presto per ripulire monumento dalla scritta, ma già ieri mattina all’alba, un “oachleiter” (un residente di Roveda), sentendosi indignato, ha provveduto all’operazione.

«La frase scritta sul monumento - ci ha detto ieri Walter Eccel, capogruppo alpini di Frassilongo -, è sicuramente frutto di qualche ignorante, di qualcuno che non conosce la storia di questa valle. Cent’anni fa si parlava mocheno e qui c’erano i militari austriaci che parlavano tedesco. In pochi tratti di pennarello questa persona forse pensava di cancellare cento anni di storia. Ma noi abbiamo costruito quel manufatto proprio per ricordare l’evento di cento anni fa».

La foto con la frase in pennarello, scattata da un escursionista, ha fatto il giro del web suscitando appunto sdegno tra tanti e commenti feroci. Non si sa quando sia stata scritta, anche perché la località è un po’ fuori mano dai soliti sentieri. Tra l’altro, il monumento è stato realizzato nelle vicinanze di una baracca ricostruita recentemente sullo stesso luogo dove era durante la Grande Guerra. Una baracca che su un lato riporta la fedele traduzione di quanto scritto sul monumento oltre alla storia del soldato Pietro Gozzer (di Fierozzo) scampato miracolosamente alla slavina staccatasi nella notte tra il 12 e il 13 marzo 1916.

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