I sindacati: «Basta tagliare sui medici»

Il blocco del turn-over preoccupa Cgil e Cisl, dopo l’incontro con Borgonovo Re: «A rischio la copertura assistenziale»


di Matteo Ciangherotti


TRENTO. Un blocco del turn-over così aggressivo da non garantire un’adeguata copertura assistenziale, riduzione dei posti letto, nessuno scatto di anzianità per gli stipendi degli operatori sanitari tranne che per quelli dei dirigenti, contrazione delle risorse da una parte e dall’altra denari che continuano a uscire dalle casse pubbliche senza la garanzia che siano stati spesi bene. Per non parlare del Not che, al di là delle note vicende giudiziarie, prevede unità operative dotate di meno posti letto rispetto al Santa Chiara (circa 200 in meno) e il cui sistema di realizzazione, il project financing, piace a pochi.

La posizione dei sindacati trentini della sanità non è certo tenera nei confronti di Provincia e Azienda sanitaria. «Il primo incontro con l’assessore alla salute Donata Borgonovo Re non è stato, per così dire, idilliaco. Ora aspettiamo, ma ci sono situazioni che necessitano di un intervento urgente, come quella di un blocco eccessivo delle assunzioni che sta mettendo a dura prova la garanzia dei servizi. Dobbiamo chiederci dove vogliamo andare con la sanità pubblica in Trentino. Perché continuando così si lascia la gestione al privato». Il pensiero di Giampaolo Mastrogiuseppe, segretario generale Cgil della funzione pubblica, è più che chiaro: «Mi trovo d’accordo con le valutazioni della Borgonovo sui punti nascita, ma ciò che ci preoccupa maggiormente è tutelare la garanzia dei servizi; a Rovereto stiamo già facendo i conti con problemi di occupazione gravi che troppo spesso si risolvono semplicemente appaltando il servizio, senza assumere o ricambiare il personale sanitario. Ad Arco le visite ortopediche che una volta erano spalmate su 5 giorni alla settimana, ora sono concentrate in soli 2 giorni».

Sulla stessa linea anche il segretario Cisl medici Nicola Paoli: «Si doveva investire sul territorio, ma finora non è stato fatto nulla. Ci sono medici che lavorano in condizioni precarie e che per ovviare alla mancanza di personale fanno ore di straordinario non pagate senza un’adeguata copertura assicurativa. Le direttive ministeriali dicono che dovremmo avere un numero di 3,7 persone per letto, invece ne abbiamo 2,3 e in alcuni casi addirittura 1,8. Dobbiamo riaprire i concorsi e assumere nuovo personale». Perché il blocco del turn-over, a fronte delle progressive uscite di personale (anche se i pensionamenti sono stati ritardati dalla lungimirante legge Fornero), incide “negativamente” sull’offerta sanitaria e il mantenimento dei Lea (livelli essenziali di assistenza garantiti per legge). Oltre a non assicurare con certezza i risparmi preventivati; spesso, infatti, per sopperire alla mancanza di personale si ricorre ad alternative (privati, cooperative, premi di produzione, prestazioni aggiuntive) che, comunque, hanno un costo.

Se, però, nel 2013 il Trentino è stato secondo solo all’Emilia Romagna per investimenti in sanità (dati rapporto Oasi) e nel 2012 ha detenuto il record italiano per spesa sanitaria pro capite (Rapporto Osservasalute), allora diventa lecito domandarsi in che modo siano stati spesi questi denari: forse non così bene. «È probabile - ammette Mastrogiuseppe - ed è una delle domande che porremmo all’assessore. Poi ci sono i 200 posti letto in meno previsti nel Not, «tralasciando» il project financing che prevede un affidamento al privato a cui personalmente sono assolutamente contrario. Basta guardare al disastro che si è verificato a Mestre». Mestre è l’unico esempio italiano di un ospedale realizzato con il project financing, dove costi e tempi, rispetto al progetto, si sono moltiplicati. Sicuramente a Trento, però, non accadrà.

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