EDUCA

I ragazzi, il sesso, il web e la loro (dis)educazione

Confronto fra esperti: in Italia nessuno gliene parla e cercano risposte in rete


Serena Torboli


ROVERETO. Oltre il 90% degli adolescenti italiani cerca online risposte alle proprie domande sul sesso, e quando si rivolgono ai genitori trovano degli adulti spaventati. Allora qual è la chiave?

L’edizione di quest'anno di Educa Immagine, il Festival dell’Educazione ai media di Rovereto, ha ospitato sabato «L’educazione sessuale ai tempi dei social», in cui Giulia Siviero, giornalista, ha dialogato prima con Alberto Pellai, noto psicoterapeuta dell’età evolutiva, e poi con Nicola Macchione, Greta Tosoni ed Alice Luvisoni.

L'Italia infatti è uno dei pochissimi paesi d'Europa in cui non è obbligatorio l’insegnamento dell'educazione sessuale nelle scuole, per orientamento socio politici secondo i quali l'educazione sessuale non deve far parte del discorso pubblico ma va gestita in famiglia.

In realtà, dai dati del Ministero della Salute emerge che solo il 18% dei maschi e il 21,3% delle ragazze ha ottenuto informazioni dai genitori, mentre oltre il 90% si rivolge al web.

Secondo Alberto Pellai, benché sia assolutamente naturale che per bambini e adolescenti la sessualità sia un territorio di ricerca ed esplorazione, l'adulto si spaventa quando arrivano delle domande. E nella sua risposta, o non-risposta, di fatto l’adulto comunica che quello è un tema su cui non è disponibile: l'abbiamo sperimentato tutti noi da figli, e non sta cambiando nelle generazioni più recenti.

Intanto però i nostri figli nella loro vita virtuale hanno accesso a tutta l’informazione, che però è priva di un aspetto di prioritaria importanza, che Pellai definisce “fase-specificità”, ossia che si adatti alla specifica fase dello sviluppo. Un bambino ha diritto a chiedere qualsiasi cosa alla sua fonte di autorevolezza educativa ed affettiva, ed essa ha il dovere di fornire risposte adeguate ai suoi bisogni specifici.

Lo psicoterapeuta riporta aneddoti di genitori sconvolti dalle domande molto esplicite dei propri bambini, ma secondo Pellai è sempre possibile capire da dove derivi la richiesta, e fornire una risposta che riconduca la questione a concetti adeguati alla sfera emotiva e cognitiva di quell’età.

Se invece la stessa domanda il bambino l’avesse posta a Google, avrebbe trovato informazioni tali da far perdere completamente la dimensione della fase-specificità.

Questo dunque è il paradosso educativo: il mondo educativo non sa dare le risposte, mentre il mondo online dà tutte le risposte ma senza nessuna consapevolezza del fatto che il risultato sia destinato a un bambino o a un adulto.

Nell’esperienza dello psicoterapeuta ci sono genitori traumatizzati dalla vita online dei figli. E dall’altro canto incontra tredicenni che magari hanno scambiato con coetanei immagini o video sessualmente molto espliciti, eppure non hanno nemmeno dato mai il primo bacio. Anzi, sono ragazzini totalmente spiazzati dal mondo reale.

«Noi - è stato detto - siamo la prima generazione di adulti che cresce minori che tengono in piedi due vite, una reale e una virtuale; e spesso il sé reale potrebbe essere molto diverso dal sé virtuale».

Così, quando si approcciano alla relazione reale dopo aver conosciuto la sessualità attraverso la pornografia, spesso i ragazzi arrivano con un catalogo di immagini e azioni da mettere in atto, invece che con un desiderio di condivisione. Ed anche questo arriva nello studio del terapeuta, con esperienze traumatizzanti.

Il contesto scolastico potrebbe essere un luogo in cui fornire competenze grazie all’educazione affettiva e sessuale, senza la paura che le informazioni acquisite possano cambiare o snaturare un figlio: al massimo l'intervento educativo può arrivare ed aprire un dialogo con il genitore sull'eventuale diversità che il ragazzo ha percepito.

Eppure la presenza stessa nelle scuole degli specialisti contribuisce al cortocircuito educativo, dice Pellai: «studiando l'apparato cardiovascolare non si chiama il cardiologo, studiando l'apparato respiratorio non si chiama lo pneumologo, eppure per studiare l'apparato riproduttivo si avverte l’esigenza di delegare agli esperti, continuando a perpetrare l’idea di un adulto spaventato, che di sessualità ed affettività non sa e non può parlare».

Ma internet non è solo il luogo della pornografia e dei contenuti inappropriati: la seconda parte del dibattito investiga quali sono le strade possibili.

Secondo Nicola Macchione, urologo, andrologo e divulgatore con più di 70mila follower su Instagram, «i social possono essere un mezzo straordinario, perché può far arrivare un messaggio in modo molto più ampio rispetto all'ambulatorio di un ospedale». Ha citato ad esempio gli effetti positivi dell’utilizzo dei canali di comunicazione sulla campagna pro vaccinazione contro il Papilloma virus grazie a un social.

Greta Tosoni, giovane educatrice sessuale racconta del progetto collettivo Virgin & Martyr per diffondere l’educazione sessuale, socio-emotiva e digitale in Italia tramite iniziative di confronto e sensibilizzazione.

Il lavoro era svolto su Instagram, tramite immagini che parlano e mostrano il corpo per favorire una cultura dell’accettazione di sé. Molte volte in realtà il progetto si è scontrato con il fatto di vedere i propri contenuti cancellati dall’algoritmo, proprio perché ritenuti sessualmente espliciti. Negli ultimi tempi il lavoro dell’associazione si è infatti spostato più sul territorio, anche per l’importanza ribadita da tutti i relatori di sensibilizzare le persone nel mondo reale.

Alla stessa conclusione giunge Alice Luvisoni, giovane youtuber e attrice di SKAM Italia, che in rete spesso affronta tematiche legate ad amore e sessualità in compagnia di esperti: «le domande evidenziano una grande disinformazione da parte di ragazzi e ragazze, che trovano tutte le informazioni sulla rete ma tradiscono un enorme decifit nel mondo reale». I social non possono essere l’unico mezzo di comunicazione della sessualità e dell'affettività. Anche se, conti alla mano, la somma del tempo passato Instagram, Tiktok e Facebook è maggiore di quello passato in classe.

 













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