I nuovi Mc Donald’s firmati Paterno

Sono realizzati con legno della val di Fiemme nello stabilimento X-Lam. Il primo è già stato costruito a Bassano


di Paolo Silvestri


CASTELNUOVO. Mc Donald’s “made in Trentino”? Già. Ma chi mai lo avrebbe pensato che il colosso dell’hamburger e patatine decidesse di farsi costruire le proprie nuove sedi italiane proprio da un’azienda della Provincia di Trento? Non solo. Ma che se le potesse pure far realizzare, rispettando i progetti che ne contraddistinguono gli edifici in tutto il mondo, totalmente in legno? Forse nessuno tranne che alla X-Lam Dolomiti di Castelnuovo. X-Lam che poi vuol dire Gruppo Paterno. Ovvero l’avventura più innovativa realizzata dagli imprenditori noti fuori dai confini trentini soprattutto per il marchio Eurobrico. Sono loro che hanno creato, laddove un tempo sorgeva la Valverde, uno stabilimento con pochi addetti, ma qualificati, a far funzionare una serie di macchinari ad alto tasso tecnologico per la realizzazione, appunto, di case in legno.

«Non casette, si badi bene, ma edifici veri, anche di grandi dimensione - spiega Franco, uno dei tre fratelli Paterno -. A Milano stanno costruendone tre di nove piani ciascuno nei quali sono già stati venduti 200 appartamenti. Il legno è più leggero e resistente degli altri materiali, è più performante e tempi di realizzazione e messa in opera molto ridotti».

Il contratto. L’accordo con la Mc Donald’s rappresenta il miglior modo per iniziare un’attività che produttiva lo è da un paio di mesi «al culmine di un progetto partito due anni fa», spiega ancora Franco Paterno. «Non è stato facile riuscirvi - aggiunge -. Sono venuti con i loro progettisti, hanno spaccato il capello in quattro, ci hanno fatto le pulci, poi hanno dato il via libera. Dovremmo riuscire a realizzare per loro altre quattro o cinque sedi».

Il progetto. «Con X-Lam intendiamo dar vita ad una “filiera corta” - spiega quindi Domiziano Paterno -. Il legno che usiamo, per buona parte, arriva dalla segheria della Magnifica Comunità di Fiemme e per i montaggi cerchiamo di appoggiarci ad imprese locali». E non a caso proprio un paio di settimane fa si è chiuso a Roncegno un corso per montatori di pannelli in legno. Già, perché anche se poi diverranno case, alla fin fine si tratta pur sempre di pannelli in legno. «Dal progetto alla casa il tempo è breve - spiega Franco Paterno -. In dieci giorni realizziamo i vari pannelli, pavimenti, travi, muri perimetrali e interni, tetto. Poi in tre settimane le squadre di assemblaggio montano il tutto realizzando la casa. Il legno che ha resistenze più alte alle sollecitazioni, ma con pesi minori rispetto alla muratura, è anche ideale per alzare case o alberghi. Si pensi che per alzare un hotel basta una stagione. In parole povere: si fa il lavoro senza chiudere la struttura per lungo tempo».

La sfida. Questa dei Paterno ha tutte le caratteristiche della sfida, non dell’azzardo. «Il mercato italiano è ancora limitato - spiega Domiziano -. Siamo sul 4-5%, ma in Francia (nei giorni scorsi nello stabilimento di Castelnuovo si stava realizzando una casa da spedire proprio inFrancia, ndr) siamo attorno al 12% mentre in Germania addirittura sul 27-28%. La casa in legno ha un futuro e noi guardiamo all’Italia quanto all’Europa». Un futuro che deve passare «da una nuova cultura della progettazione - spiega Franco - e costruzione in legno. In Italia sono in pochissimi a lavorare col legno e l’università non aiuta. Padova è molto ricettiva, ma solo a Trento ci sono specialisti, come il professor Piazza, che fanno cose concrete. Come i progetti Arca e Ivalsa della Provincia. E Serve poi una rete di imprese ed una diversa politica nella gestione della risorsa legno. Serve maggiore elasticità da parte di tutti e disponibilità a muoversi senza confini. Come detto puntiamo alla filiera e questa la pensiamo corta e trentina. Già alcuni artigiani si sono attrezzati per il trasporto ed il montaggio. Tra l’altro è un tipo di lavoro che richiede meno personale e anche piccole imprese artigiane sono in grado gestirlo molto bene».

I numeri. Alla X-Lam lavorano 10 persone, 5 delle quali impiegate alla produzione, chiamate a controllare i macchinari gestiti dal computer in un capannone di 8mila metri quadri a temperatura (19 gradi) e umidità (75%) costanti. Tutta la produzione è certificata Ivalsa («ci sono voluti 9 mesi di lavoro per ottenerla», spiegano i Patrerno). Per far decollare la X-Lam il Gruppo ha investito 10milioni di euro.

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