il caso

«Grisenti agiva per interessi personali»

Le motivazioni dei giudici della Corte Suprema alla sentenza di condanna per l’ex assessore ed ex presidente dell’A22



TRENTO. Giano Bifronte, ultimo atto. Anzi, ad essere precisi, l’ultimo atto della lunga vicenda giudiziaria di Silvano Grisenti,ex presidente dell'A22, ex super assessore provinciale ai lavori pubblici ed ex consigliere provinciale di opposizione con Progetto Trentino, era andato in scena lo scorso 9 marzo, quando la Cassazione aveva confermato la sentenza pronunciata dalla Corte di Appello di Bolzano, che il 18 marzo 2014 lo aveva condannato per corruzione, truffa e tentata violenza privata.

Ora sono arrivate le motivazioni di quella sentenza che, oltre a chiudere definitivamente la carriera politica di Grisenti, ha portato anche al suo licenziamento da dipendente della Regione. Per quanto riguarda la corruzione i giudici della Suprema Corte, le intercettazioni ambientali compiute nell’ufficio di Grisenti delle conversazioni tra quest’ultimo e l’imprenditore Collini sono «illuminanti» perché contengono un’esplicita richiesta di Grisenti all’imprenditore di incaricare la società di ingegneria del fratello Giuseppe, la Arca engineering, della «progettazione del nuovo ospedale di Trento, nonchè degli accordi presi dai due interlocutori circa il rifacimento del casello autostradale di San Michele e su come “venirsi vicendevolmente incontro”». E così era stato con Collini che si era mosso per favorire l’Ata engineering, partecipando all’appalto con un’offerta al massimo ribasso così da aggiudicarsela. Grisenti, dal canto suo sarebbe intervenuto in sede di esecuzione dell’appalto per rendere l’esecuzione del lavoro redditizia per Collini.

Per quanto riguarda la violenza privata, la Cassazione ha accolto le motivazioni della Corte d’Appello di Bolzano secondo cui, nei rapporti con il Consorzio Cooperativo Costruzioni, Grisenti «non perseguiva alcun interesse pubblico, bensì esclusivamente il proprio interesse privato di mantenere l’impegno assunto, quando gli era stata conferita la presidenza dell’A22, di favorire le imprese “amiche” e di estromettere e/o ostacolare le altre, con la conseguenza che le cosiddette “minacce di guerra” da parte sua nei confronti di queste ultime imprese, e in particolare del Consorzio Cooperativo Costruzioni, dev’essere senz’altro considerata una minaccia». Nella fattispecie, l'accusa era legata ad una telefonata che Grisenti fece a Giorgio Benedetti, dirigente del Consorzio Cooperative Costruzioni, per convincerlo a rinunciare ad un ricorso al Tar contro la regione Emilia-Romagna che avrebbe intralciato i progetti dell'Autostrada del Brennero.

L'inchiesta «Giano bifronte era esplosa il 16 settembre 2008, a pochi mesi dalle elezioni provinciali, con l'arresto di cinque persone e una serie di perquisizioni della Guardia di Finanza e aveva portato a scoprire una cupola in grado di pilotare gli appalti pubblici più importanti in Trentino.

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