Gottardi: «Ostetricia va valorizzata»

Ginecologa all’ospedale per 16 anni: «Perché chiudere il reparto che funziona? Si punti a specialità, come il parto in acqua»


di Ettore Zini


GIUDICARIE. Nella discussione sul futuro del punto nascite dell’ospedale di Tione, interviene Nicoletta Gottardi, che ha retto con il primario Mariotti e con la collega Claudia Villotti il reparto di ostetricia per 16 anni. Lei di parti, anche difficili, è una che se ne intende. Allora c’erano solo tre medici, in grado però di sopperire a ogni emergenza. E, in ostetricia, si sa, l’emergenza di solito non lascia spazio a tentennamenti. Né a improponibili trasporti in autoambulanza e in elicottero. «A volte - dice la dottoressa Gottardi - hai solo quattro o cinque minuti per tirar fuori il bambino, se non vuoi che ne patisca le conseguenze. E poi, ci sono casi, pochi a dir la verità, come il distacco di placenta che abbisognano di intervento immediato per scongiurare la morte della mamma e del bambino».

Quindi?

«Quindi, la decisione di chiudere un reparto di maternità di Tione non sta né in cielo né in terra». Usa termini forti la ginecologa Gottardi. Ma, la notizia apparsa sui giornali sul punto nascite di Tione che chiude, l’ha lasciata perplessa. E non ne ha accettato modi, e motivazioni. «E poi, un primario come Ioppi rimasto a scavalco dell’ostetricia di Tione fino a marzo 2013 che dice: “Il mio reparto non è sicuro?” Sono cose incredibili! Ai limiti dell’inverosimile. In primo luogo, non si annuncia una decisione così importante, senza prima averne discusso con i diretti interessati, e senza soprattutto dire che cosa si intende fare in alternativa. In questo modo si è screditato inutilmente un reparto che, comunque funziona.

E che ora difficilmente riuscirà a recuperare credibilità.

Io - spiega la dottoressa dal 1999 libera professionista in quel di Tione, con un avviato ambulatorio di ginecologia - di pazienti ne seguo moltissime. Da quando è apparsa la notizia che il reparto di maternità non è affidabile, non ho una donna disposta a partorire qui. Tutte, anche i mariti sono della partita, dicono che porteranno a termine la gravidanza fuori zona. A gennaio, quando si conteranno le nascite, ci si renderà conto che sono crollate dell’80%.

E allora sarà facile dire: si chiude, vero?

«La donna che sta per partorire - spiega la dottoressa - vuole sicurezza. Vuole la certezza che tutto andrà bene, per se e per il suo bambino. E qui a Tione, purtroppo da anni si è fatto di tutto perché non ci fosse la fiducia nel reparto. È stata messa in atto la politica del massacro, è stato lasciato morire. Senza competenze. Con medici turnisti, che arrivano alle otto del mattino e se ne vanno alle otto del giorno dopo. Senza avere a cuore le sorti del reparto. E poi, anche la storia dei 500 parti, non regge. Il 60% dei bambini italiani nasce in ospedali che non rispettano gli standard.

Che cosa chiedono le mamme in attesa?

«Cercano soprattutto un’équipe medica conosciuta, e figure stabili che le diano fiducia. E qui, non da oggi, queste certezze non ci sono. Ovvio che vadano a cercarla via. Il pronto soccorso pediatrico, per esempio, lo stiamo aspettando al 1983. L’emergenza in ostetricia richiede una sala operatoria attiva, e un medico che sappia fare un cesareo. Se i medici non sono autonomi, o la sala operatoria non è sempre attiva, la donna non si sente sicura. Addossare tutte le colpe a chi emigra è sbagliato. E pensare che il reparto è efficiente e dotato, e potrebbe essere valorizzato con il parto in acqua, per esempio».













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