Trento

Gelate, in Valsugana distrutto tutto il raccolto

È forse la zona più colpita dal meteo «pazzo» delle ultime settimane: pochi gli agricoltori assicurati


di Carlo Bridi


TRENTO. Man mano che avanza la stagione si vanno delineando i danni subiti dall’agricoltura trentina a causa delle gelate di aprile. In Trentino la situazione è molto diversificata da zona a zona un messaggio drammatico arriva dalla Bassa Valsugana dove Remo Paterno presidente della Op Cio Serene Star, parla di un intero comprensorio comprendete la maggior parte dei paesi della Bassa Valsugana dove i danni sui meleti si aggirano mediamente fra il 90 e il 100%.

Era andata meglio nei paesi di Ospedaletto, Spera e Villagnedo, ma ci ha pensato la grandine di tre giorni fa a fare quello che non aveva fatto il gelo. Anche ieri mattina Paterno era in campagna a controllare la situazione: «La situazione è gravissima, pesantissima, drammatica. Già nei giorni scorsi - prosegue - ho inviato una lettera urgente al presidente della Provincia Ugo Rossi e per conoscenza all’assessore Michele Dallapiccola perché convochino urgentemente un incontro con i presidente delle Op del Trentino per affrontare la situazione».

C’è un altro aspetto che Paterno precisa: «Purtroppo in Bassa Valsugana sono pochi i frutticoltori che avevano acceso una polizza per assicurarsi contro il gelo, non per cattiva volontà ma perché - data la carenza di reddito - fanno fatica a coprire un ulteriore spesa derivante dall’assicurazione. Poi ci sono tutti quelli che hanno la copertura con rete antigrandine che non hanno fatto la polizza per il gelo, per cui la situazione è veramente drammatica. Credo che anche il fondo che abbiamo come cooperative questa volta sarà consumato fino in fondo. C’è poi il problema del personale, sia quello delle nostre cooperative che tutto quello che era il personale avventizio che assumevano le aziende per il raccolto. Sono centinaia per non dire migliaia che rimarranno a casa. Ma io penso che anche le cooperative oltre a molte aziende si troveranno in grossissime difficoltà per il prossimo anno. E non ci si dica che con il prezzo delle mele di quest’anno faremo una bella riserva fondi».

Ma la situazione è drammatica anche in Alta Valsugana, precisa Paterno, a Caldonazzo la temperatura era andata a meno 6-7 gradi, quindi non c’è nulla da sperare, idem nella zona del perginese. Molto più fortunate quelle zone dove si è potuto far funzionare l’antibrina con la pioggia lenta, come l’Alto Adige che nella maggior parte dei casi ha la copertura sia per la maggiore disponibilità d’acqua che per una scelta diversa della Provincia che sostiene maggiormente la difesa attiva su quella passiva che di fatto è in costante calo.

Dato confermato anche da Oreste Tamanini leader della frutticoltura a sud di Trento: «Noi con la difesa antibrina abbiamo salvato la produzione, c’è stato qualche danno solo in quelle piccole zone dove per mancanza d’acqua non si è potuto far funzionare razionalmente gli impianti, ma si tratta di poca cosa. La produzione ad oggi si preannuncia ottima e anche la qualità per la quale temevamo conseguenze tipo anello, o ruggine fino ad ora non si vede, ma una risposta precisa si avrà quando le mele raggiungeranno la pezzatura di una prugna».

Molto prudente la valutazione della situazione in Valle di Non sia il presidente di Melinda Michele Odorizzi, che i tecnici della Fem sentiti in proposito, non se la sentono assolutamente di fare previsioni sulla percentuale di danno. «Ci vorranno ancora una quindicina di giorni - afferma Odorizzi - prima di dare numeri. Io allo stato attuale della situazione non me la sento assolutamente di dare percentuali, e non le ho mai date a nessuno. Certo, è evidente che ci sono problemi in molte zone, evidentemente a questo è legato anche il problema occupazione che avevamo segnalato ancora subito dopo la gelata. Per fortuna in Valle di Non la maggior parte della produzione è coperta da polizza antigelo e antibrina, per cui almeno a livello di aziende non ci dovrebbero essere grossi problemi a differenza della Valsugana aggiungiamo noi».

La situazione è molto disomogenea, e non ancora definita anche per Andrea Branz tecnico storico della FEM: «In Valle di Non, sulle coste pare sia rimasto qualcosa in più, c’è poi il fatto di parecchi fiori tardivi che non si sa come si comporteranno, certo è che la qualità rimasta avrà problemi sia di anellatura che di ruggine o di forme strane per la legagione difforme. Parlare di percentuale oggi non è serio, non siamo in grado di dare dati» - conclude Branz.

Per quanto riguarda le ciliegie altra coltura pregiata per molte zone di montagna, secondo Sergio Franchini, si può parlare di un danno che va dal 60 al 70%, ma anche in questo caso molto dipende dalla zona. A poche decine di metri si assiste a situazioni difformi produzione zero o produzione del 70-80%.

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