Gabrielli, il glaciologo dell'Ortles

Lo scienziato roveretano in vetta per trivellare la calotta e studiare il passato


Michele Stinghen


ROVERETO. Tutto ebbe inizio da quell'ascensione all'Ortles, lungo la cresta ovest dell'Hochjochgrat. Era il 2007, l'idea già stava maturando, durante l'ascensione ebbe la conferma. Adesso il progetto lo sta mettendo in pratica: Paolo Gabrielli, roveretano, ha portato il gruppo di ricercatori dell'Università dell'Ohio, Stati Uniti, sulla calotta dell'Ortles, per estrarre una carota di ghiaccio dalla montagna più alta della regione; in questi giorni si sta allestendo il campo sulla vetta. È il settore di ricerca di cui è specialista ormai, da quando, durante il dottorato svolto a Grenoble, partecipò a due spedizioni in Antartide, anche lì a "carotare" il ghiaccio. Significativo anche il fatto che, ancora una volta, il talento dei ricercatori italiani possa trovare sbocco all'estero e non in patria. Ma è risaputo: negli Stati Uniti gli investimenti nella ricerca sono cospicui, mentre irrisori e sempre di meno quelli fatti in Italia. E così il ghiaccio formatosi nei secoli e nei millenni sulle nostre montagne dovrà emigrare negli States per essere analizzato.

Il "progetto Ortles", iniziativa di Gabrielli e condotto dal Byrd Polar Research, vede però la partecipazione di un altro volto noto a Rovereto, Matteo Cattadori, per il museo di scienze di Trento, già insegnante al Fontana. Sul team di ricercatori infine pesa l'assenza di Roberto Filippi, giovane geologo di Trento morto tragicamente sul Bianco; anche lui sarebbe stato sull'Ortles in questi giorni. A lui i ricercatori hanno dedicato il primo messaggio del blog della spedizione.

Martedì scorso Paolo Gabrielli, Cattadori e gli altri scienziati hanno presentato il progetto al centro congressi dell'Eurac di Bolzano, prima di partire alla volta del ghiacciaio, dove resteranno un mese. Con loro, Lonnie Thompson, direttore del centro di ricerca americano e tra i massimi studiosi di ghiacciai del mondo. Gabrielli è stato intervistato, ed ha raccontato la spedizione.

Quando è nata l'idea di carotare l'Ortles?
Era il 2007 e mi stavo trasferendo a Columbus, in Ohio. Fu allora che pensai di sfruttare l'Ortles come archivio paleoclimatico. Sulle Alpi erano stati fatti carotaggi sul Bianco e sul Rosa, mai sulle Alpi Orientali. Dalla salita del luglio di allora, con degli amici, è partita l'avventura.

Ghiaccio, quindi, ce n'è ancora.
Sì, ma siamo al limite. La neve di accumulo comincia a sciogliersi anche sull'Ortles, a causa dei mutamenti climatici. Per questo bisogna fare in fretta, tra qualche anno rischiamo di perdere queste informazioni presenti nel ghiaccio.

Quanto è profondo il ghiacciaio?
Stimiamo di arrivare a 60 metri, con punte di 70, 75. Perforeremo il ghiacciaio con un carotiere a motore (azionato anche con energia solare) che estrarrà, metro per metro, i campioni.

E questo ghiaccio, a cosa serve?
Più profondi si va, più antica è la neve caduta che ha generato il ghiaccio. Grazie a ciò potremo ricavare informazioni su come era il clima del passato in Alto Adige e sulle Alpi.

Fino a quanti anni fa?
Sicuramente di alcuni secoli, forse di un millennio o più.

Ma da cosa si capisce l'epoca di formazione del ghiaccio?
Noi speriamo sempre di trovare frammenti organici (microorganismi, insetti, resti vegetali), grazie al carbonio 14 datare è molto facile. Altrimenti ci si basa sui modelli.

Ed il trasporto del ghiaccio?
Quella è forse la fase più delicata. Sarà trasportato tutto, in 4 voli, dalla calotta al campo base sotto passo Stelvio. Qui verrà stivato in una cella frigo, e poi trasferito in camion all'aeroporto di Milano, da dove partirà per l'America. Dopo un'indagine in loco, infatti, lo studieremo prevalentemente nel laboratori di Columbus.

Paolo Gabrielli, da oggi e per un mese, "risiederà" sull'Ortles, sotto la vetta a 3850 metri, assieme agli altri scienziati. Lo aspettano un mese di lavoro e complesse ricerche, ma anche lunghe notti in tenda. Per queste, oltre ad alcuni libri, ha portato con sè un diario. Con, nella prima pagina, la foto della piccola Viola, sua figlia, che attende, con mamma Natascia, il suo ritorno a casa, negli Stati Uniti.













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