la tragedia

Folle corsa nel Bus de Vela: due ipotesi

La donna che guidava: «Non ricordo nulla». Potrebbe essere entrata contromano a Ca’ dei Gai o aver fatto un’inversione


di Andrea Selva


TRENTO. Lei dice che non si ricorda, che era confusa, che doveva salire in Bondone con la sua Suzuki Vitara e quindi ha imboccato da Piedicastello la strada statale Gardesana. Poi più nulla, il buio, nulla che possa spiegare lo schianto spaventoso che domenica pomeriggio è costato la vita a Francesco Merz e Laura Nardon. Ma sono solo due le ipotesi su quanto può essere accaduto in quel tratto del Bus de Vela, all’uscita (per chi viaggiava, correttamente, e cioè in discesa) della galleria San Vigilio.

Le due ipotesi sulla folle corsa nel Bus de Vela

La prima ipotesi

Patrizia Benedetti, accaldata (come è ovvio vista la giornata torrida) e in stato di ebbrezza (come ha confermato l’etilometro) sarebbe salita da Piedicastello lungo via Brescia. L’errore fatale l’avrebbe commesso in località Ca’ dei Gai, imboccando contromano la corsia riservata ai veicoli che scendono dal Bus de Vela.

Se fosse andata (correttamente) a destra non avrebbe più avuto possibilità di errore, perché da quel punto in poi la carreggiata che sale verso il Bondone non consente più alcuna possibilità di infilarsi contromano, ad eccezione di un guard rail mobile poco prima di Montevideo che viene utilizzato solo per i mezzi di soccorso in caso di incidente o in occasione di lavori stradali.

Questa è l’ipotesi che le forze dell’ordine ritengono più attendibile, ma se davvero Patrizia Benedetti ha imboccato contromano quel bivio allora significa che ha percorso contromano 2 chilometri e mezzo, in un tratto di strada dove i veicoli viaggiano spesso affiancati e a forte velocità. Di certo c’è che l’unica traccia di frenata rimasta sull’asfalto è nei pressi dello scontro frontale. E’ possibile un folle viaggio contromano, nell’ora in cui le auto cominciano a rientrare a Trento dal Garda, per due chilometri e mezzo, senza che nessuno chiami le forze dell’ordine, senza numerose tracce di frenata e senza il coinvolgimento di altre vetture?

La seconda ipotesi

Patrizia Benedetti avrebbe raggiunto Cadine viaggiando regolarmente lungo la statale Gardesana. Giunta alla rotatoria di Cadine invece di prendere l’uscita verso il Bondone (dove era diretta) sarebbe tornata per errore sulla ss45 bis, questa volta in direzione Trento. Quindi - dopo essersi accorta dell’errore - si sarebbe fermata in una piazzola d’emergenza, cioè l’unica area dove è possibile sostare in quel tratto di strada, in realtà con qualche difficoltà. Si tratta della piazzola che le forze dell’ordine utilizzano periodicamente per i controlli sulla velocità. A questo punto la donna potrebbe essere ripartita con l’intenzione di tornare verso il Monte Bondone, senza rendersi conto che il tratto di strada era a senso unico. Il suo viaggio in questo caso sarebbe durato appena 300 metri, con la segnalazione di un automobilista che avrebbe incrociato (con grande paura) la Suzuki Vitara. Sull’asfalto ci sono le tracce di una frenata a poche decine di metri dal luogo dell’incidente mortale (forse un altro veicolo che è riuscito a evitare lo scontro) e poi i segni dello scontro frontale nei pressi della galleria.

Secondo questa seconda ipotesi la donna avrebbe viaggiato solo per pochi secondi contro mano: uno scenario che sembra compatibile con il traffico di una giornata festiva, con tanti veicoli che cominciavano a rientrare a Trento provenienti dal lago di Garda e dalla valle dei Laghi.

La ricostruzione video

[[(Video) Il folle percorso contromano lungo il Bus de Vela]]

Le responsabilità

In realtà le responsabilità della donna non cambiano: è provato infatti che al momento dello schianto viaggiava contromano, in stato di ebbrezza, e si è resa responsabile della morte di due persone, dal punto di vista delle responsabilità penali non fa differenza, quindi, quale sia il percorso che ha seguito per arrivare fin lì.













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