Fini trova il modello in Degasperi

Il presidente della Camera a Pieve Tesino invoca la coesione delle forze che hanno gli stessi ideali europeisti


di Robert Tosin


PIEVE TESINO. Fini è venuto di persona a casa di Alcide Degasperi per vedere se avanza un posto al tavolo dei centristi che si richiamano allo statista valsuganotto per dare una nuova verginità alla politica italiana, maltrattata e male usata. Ieri a Pieve Tesino si è ricordato l’anniversario della morte con la ormai tradizionale lectio magistralis proposta dai coniugi Zamagni su invito della Fondazione Degasperi. Che ha avuto il grande merito e la squisita sensibilità di non farsi travolgere dalle ventate di degasperismo sfociate nelle ultime settimane nella politica italiana e locale. La cerimonia, breve e sostanziosa, ha offerto uno spaccato dello statista messo sotto la lente dei due storici dell’economia che ne hanno tracciato un profilo attuale, quasi confrontando la necessità stringente di una ricostruzione dell’Italia attuale dal punto di vista dei modelli economici con quella del secondo dopo guerra.

Se la Fondazione ha avuto il merito di non entrare nelle rivistazioni moderne del degasperismo, la presenza di Gianfranco Fini (con la scorta d’ordinanza e un dispiegamento di divise ammassate nelle viuzze del piccolo e grazioso paese che, con i gerani appesi ai muri delle case o dondolanti in paioli di rame, non aveva certo sembianze bellicose) ha comunque provocato domande più o meno esplicite. «E’ il bello della democrazia - ha detto il senatore Tonini, presente alla cerimonia - certo fosse stato qui qualche anno fa sarebbe stato diverso. Ma se si è convinto che il maggior statista del secolo scorso in Italia non è stato Mussolini ma Degasperi, direi che è una buona cosa». E la domanda esplicita è saltata fuori. «La Cosa bianca? Mah, se già la chiamiamo “cosa” non è molto allettante. Certo, la politica italiana deve trovare un punto di riferimento dopo il fallimento del bipolarismo ed è necessario che le forze che si riconosco attorno ad alcuni ideali facciano forza comune per dare una prospettiva all’Italia».

Per il presidente della Camera i rischi più immediati sono essenzialmente due: un antieuropeismo devastante e un egoismo sociale che disgrega il Paese. Temi che ha poi ribadito anche nel suo intervento, preparato e scritto, letto sotto il tendone della scuola elementare dove ci sono stati gli interventi programmati. E nella giornata di Degasperi parlare di Europa è stato gioco facile. Fini non ha lesinato i riferimenti allo statista e ha più volte ricordato l’importanza di essere nell’Europa. Ma ha parlato anche dell’egoismo che la crisi ha portato in dote, un egoismo sociale diffuso da combattere senza dubbio. E anche qui il riferimento a Degasperi come uomo della ricostruzione e della coesione è stato facile quanto dovuto.

Ci teneva, Fini, a essere presente. E ci teneva a parlare. Lo ha chiesto espressamente alla Fondazione. Il perché si può trovare nel fermento politico di queste ultime settimane e, in parte, nell’incontro di questa mattina in sala Guetti dove Dellai, il ministro Riccardi, il presidente delle Acli nazionale e il segretario della Cisl abbozzeranno un progetto (o un’idea di progetto) che risvegli il centro - laico ma di ispirazione cristiana, possibilmente - e lo metta a disposizione della nuova stagione politica italiana. Lo stesso Fini sta guardando verso un punto moderato, ma per il momento è “impelagato” nella Cosa bianca che Casini sta sfornando in una improbabile evoluzione dell’Udc. Per la verità ieri il presidente della Camera non pareva proprio entusiasta della cosiddetta Cosa bianca come approdo per il suo Fli e forse proprio per questo ha voluto annusare l’aria degasperiana con la quale Dellai vorrebbe saturare il suo progetto centrista. Quanto lo statista c’entri con i nuovi tentativi di dare una dignità alla politica moderna è ancora tutto da vedere e il rischio è che suo malgrado diventi un paravento piuttosto che una stella polare. Il rischio della strumentalizzazione è altissimo. «Degasperi è un po’ come la luna - ha chiosato ieri il senatore Tonini a margine della cerimonia - che tutti vedono ma da un’angolatura diversa per ciascuno. Certo, di uomini come lui ce ne vorrebbero tanti». Ieri la Fondazione ne ha sottolineato la grandezza e l’attualità, incrociando le dita sotto il tavolo affinché la sua figura non finisca nel tritacarne della politica moderna.

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