sanità

«Farmaci troppo costosi? Vado in India»

Il viaggio di un 43 enne trentino malato di epatite C escluso dalle nuove cure: «Qui servivano 74 mila euro, ne ho spesi 700»


di Andrea Selva


TRENTO. Dalla Valsugana all’India per procurarsi i farmaci salvavita contro l’epatite C, quelli che in Italia costerebbero 74 mila euro e laggiù cento volte meno: 700 euro per una terapia completa. Ecco la storia di Marco, operaio forestale di 43 anni, che un anno fa ha scoperto di avere il virus Hcv e ora è il protagonista di quello che forse è il primo caso di “turismo sanitario” in Italia, mentre si discute di quanti (e quali) pazienti è possibile curare con i nuovi farmaci che hanno costi tali da sbancare il sistema sanitario.

Una storia “pazzesca” - proprio mentre il tribunale del malato nazionale lancia l’allarme per la fuga dei malati di epatite C verso l’India e Hong Kong - che lui riassume così: “I farmaci ci sono. E io sono semplicemente andato a prendermeli. Mi pare normale”.

E’ lui a raccontare la sua storia, seduto in cucina nella sua casa affacciata sulle montagne trentine: «Mi hanno trovato il virus, probabilmente per colpa di un intervento chirurgico, chi lo sa. Ma mi hanno anche spiegato che c’erano questi nuovi farmaci “miracolosi” che possono guarire l’epatite C nel 90-95 per cento dei casi. Solo che la terapia nel mio caso non era disponibile perché attualmente - visti i costi esorbitanti di questi farmaci - è riservata ai pazienti agli stadi più avanzati. Mi hanno detto che potevo aspettare, che i prezzi sarebbero scesi, che ci sarebbe stata la possibilità di curare un maggior numero di pazienti, ma come facevo ad aspettare - senza far niente - in attesa che il virus cominciasse a provocare i primi danni?».

Per Marco - e per tutti i pazienti come lui, esclusi dalla lista - le possibilità sono due: acquistare i farmaci al prezzo previsto al pubblico (cioè 74 mila euro) oppure cercare una soluzione “fai da te” sul mercato internazionale. Lui ha scelto la seconda ipotesi. Si è collegato a internet, ha scoperto che c’era chi andava a San Marino e chi faceva acquisti di farmaci on line e ha deciso che nel suo caso la soluzione migliore era andare in India, dove poteva contare sull’aiuto di un sacerdote: «E’ stato lui a procurarmi il contatto con una clinica privata».

Con un po’ di inglese imparato a scuola (e un piccolo traduttore in tasca) nel giugno scorso è atterrato all’aeroporto di Bangalore e si è presentato ai medici della clinica: «Mi hanno visitato, hanno individuato il tipo di virus e poche ore dopo avevo in mano la ricetta per una terapia completa. In farmacia ne ho chieste due, volevo essere sicuro: ho pagato 1.400 euro, cioè 700 per la singola terapia».

Il viaggio è durato una decina di giorni (“me la sono presa comoda”) e all’aeroporto non ci sono stati problemi: «Solo in Germania, allo scalo, si sono sorpresi per tutti quei farmaci e ho risposto, ovviamente, che erano per uso personale».

Strana trasferta, in India, per un montanaro abituato ai caprioli che la mattina ti vengono a salutare in giardino. Alla fine è tornato a Trentino e si è presentato all’ospedale Santa Chiara, dove era seguito, mostrando la scatola con i farmaci ai medici allibiti. Non era mai accaduto. Ora viene seguito nel reparto malattie infettive dove può contare su tutti gli esami di cui ha bisogno, ma sotto la sua responsabilità: «In un caso del genere non possiamo fare altrimenti» ha spiegato il responsabile, Claudio Paternoster.

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Ma lui - Marco - la responsabilità se l’è presa volentieri anche perché alcuni medici - ovviamente non via ufficiale - lo hanno incoraggiato. E gli esami finora - quando la terapia si avvia alla conclusione - gli danno ragione: sta guarendo dal virus, esattamente come accade al 90-95 per cento dei pazienti che vengono curati con i nuovi super-farmaci che all’azienda sanitaria (grazie a un accordo nazionale dell’Agenzia italiana per il farmaco) costano “solo” 37 mila euro a terapia.

Guardi Marco, mentre racconta la sua storia seduto al tavolo di cucina e non sembra di ascoltare un malato, con la sua corporatura grossa e le mani robuste. Ma con l’epatite C i conti si fanno negli anni e lui non ha voluto aspettare.

Dice che ora sono in tanti a chiedergli aiuto: «Sono pazienti come me, che vogliono acquistare i farmaci in India». Gente che - sapendo che c’è una cura - non vuole attendere e tenta la carta della sanità “fai da te”. Il tribunale del malato (come scriviamo nel pezzo qui sotto) lancia l’allarme: “C’è una domanda di salute e qualcuno potrebbe approfittarne”.

Ma la vera domanda è questa: come può costare così tanto una molecola come il sofosbuvir (questo il nome) che potenzialmente può guarire milioni di persone e quindi generare profitti ingenti? L’agenzia nazionale del farmaco ha fatto i conti in tasca all’azienda produttrice americana: 11 miliardi di ricavi solo nel primo anno di lancio. Il forestale trentino la vede molto più semplice: «In India i farmaci c’erano, me li sono andati a prendere».













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