Erba velenosa, prati in quarantena

A Strembo e Campiglio è arrivata una specie tossica di origine caucasica


Walter Facchinelli


VAL RENDENA. In località "Plaza Longa", sopra l'abitato di Strembo e a sud di Madonna di Campiglio, è stata segnalata dal personale del Parco la presenza della pericolosa Panace Gigante o Panace di Mantegazzi (Heracleum mantegazzianum). Si tratta di una pianta erbacea infestante, pericolosa, tossica e invasiva di origine caucasica, messa all'indice in molti paesi del Nord Europa. Pierernesto Righi di Strembo, divulgatore naturalista ed esperto di serpenti, che da giorni segue l'evolversi della situazione spiega: «Non ci si deve allarmare, ma vista la forte pericolosità questa pianta non dev'essere toccata e non si deve entrare nella zona recintata, dove la Panace è stata estirpata dal personale provinciale munito di tute protettive».

La pianta è molto simile all'angelica, ombrellifera dal fiore bianco molto presente in Val Rendena e «per distinguerla, afferma Righi, basta valutarne l'altezza, l'Heracleum supera il metro e sessanta, ha gambo rossastro e foglie profondamente divise a 3 o 5 segmenti». L'importante è non toccare questa pianta «perché, afferma l'esperto, la sua linfa in associazione con le radiazioni ultraviolette forma dei radicali liberi fortemente tossici per le cellule della pelle. I sintomi sono arrossamenti simili a ustioni (fitodermatiti), rash e lesioni necrotiche anche persistenti, dovute al danno del Dna della pelle».

Del ritrovamento della Panace, si è interessato anche il consigliere provinciale Roberto Bombarda, allarmato per «la comparsa di nuove specie animali e vegetali, che si spostano seguendo l'aumento delle temperature del pianeta», in particolare per questa pianta che si sta diffondendo in modo preoccupante ed è «considerata ad elevata pericolosità per l'uomo, tanto da comparire nell'elenco delle 100 peggiori specie invasive». Bombarda ha presentato un'interrogazione in consiglio provinciale perché la nuova segnalazione impone un ragionamento sulla necessità di istituire al più presto un sistema di allerta, monitoraggio e intervento di fronte a queste "nuove presenze" sul territorio trentino.













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