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Ecco l’assegno per i poveri In Trentino aiuti per 8 mila

Il reddito di inclusione approvato a livello nazionale varrà dai 2 ai 3 milioni L’assegno unico provinciale vale 12 milioni, ma non si potranno sommare


di Ubaldo Cordellini


TRENTO. Finalmente. Dopo almeno trent’anni di dibattiti, chiacchiere più o meno inutili e proposte più o meno velleitarie, anche l’Italia avrà il suo reddito minimo. Approvata ieri la legge. Si chiamerà reddito di inclusione (Rei in un paese che ama tanto sigle e etichette e poco i fatti) ed entrerà in vigore dal primo gennaio 2018. A dire la verità è un reddito veramente minimo: da 188 a 490 euro al mese per un periodo massimo di 18 mesi per nuclei familiari con meno di 6 mila euro di reddito Isee e che abbiano anche tutta una serie di caratteristiche di fragilità, ovvero con figli minorenni a carico, figli con disabilità o da singoli disoccupati con più di 55 anni di età. Criteri talmente restrittivi che da più parti si sono levate accuse di inutilità.

Molti osservatori fanno notare che, comunque, a livello nazionale saranno circa 500 mila le famiglie che beneficeranno del reddito di inclusione. Ovvero circa un quarto dei nuclei familiari che vivono in povertà. Il reddito di inclusione sarà erogato dall’Inps. La misura si applica anche in Trentino, come spiega il direttore dell’Istituto Marco Zanotelli, anche se in provincia c’è già il reddito di garanzia che, sempre a partire dall’1 gennaio, si trasformerà in assegno unico. Secondo i primi calcoli, per il Trentino il Rei varrà dai 2 ai 3 milioni di euro e raggiungerà alcune migliaia di famiglie, mentre l’assegno al reddito, nella parte di sostegno al reddito, vale dai 13 ai 14 milioni di euro e potrà aiutare almeno 8 mila famiglie.

L’assessore al welfare Alessandro Olivi, però, spiega che le due misure non si sovvrapporranno: «La nostra misura ha una funzione anche di attivazione. Nei criteri, quindi si prevede che possa essere concessa anche a chi lavora per qualche periodo. Non solo, con l’assegno unico abbiamo ulteriormente allargato i criteri di concessione. Si calcola che ne avrà diritto chi ha un Icef tra lo 0,15 o lo 0,16. Dobbiamo ancora decidere il parametro preciso. Mentre la misura nazionale è molto più restrittiva. Di sicuro chi prenderà il Rei sarà beneficiario anche dell’assegno unico che, tra l’altro, è economicamente più consistente. Per questo noi dovremo decidere come comportarci. Ci stiamo orientando sulla non incompatibilità tra le due misure, ma anche sull’impossibilità di sommarle. Quindi chi prenderà la misura nazionale vedrà decurtato dello stesso importo l’assegno unico provinciale. Questo per una ragione soprattutto di equità».

La Cgil, per bocca del segretario Franco Ianeselli, chiede però che queste risorse vengano comunque usate per i più poveri: «Noi chiediamo che questi due o tre milioni che vengono dallo Stato non vengano risparmiati ma reimmessi in circolo». Sul punto Olivi si dice disponibile: «Con i sindacati abbiamo già avuto una serie di confronti e ho già assicurato che questi soldi saranno spesi in un progetto di welfare complessivo e non saranno tagliati».

Olivi, però, tiene a sottolineare che l’assegno unico, che nella sua versione ampliata è destinato a circa 40 mila famiglie e comprende anche gli aiuti per gli asili nido e altre misure sociali. In tutto il costo totale è di circa 75 milioni di euro. «La parte di sostegno al reddito, destinata appunto ad almeno 8 mila nuclei familiari, compresi i singoli, vale da sola dai 13 ai 14 milioni e non ha solo uno scopo assistenziale, ma vuole avere anche una valenza di attivazione», spiega Olivi che sottolinea proprio il fatto che l’assegno provinciale mira a spingere chi è in difficoltà a darsi da fare e a cercare un lavoro.













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