Droga, il capo scout assolto perché «rasta»

Arrestato dalla finanza, è uscito «pulito» dalla direttissima per una sentenza della Cassazione: per lui l’erba è uno strumento di «meditazione»



TRENTO. Assolto dall’accusa di spaccio di droga (marijuana in questo caso) perché «rasta». È successo ieri mattina in tribunale a Trento dove il giudice Guglielmo Avolio ha così deciso nel corso di una direttissima per l’arresto del capo scout di cui abbiamo dato notizia ieri. Il ventenne era stato fermato venerdì mattina dalla guardia di finanza in piazza Santa Maria Maggiore. Addosso aveva un po’ di erba ma è nella sua casa che le fiamme gialle hanno scoperto i 420 grammi di piante di marijuana essiccate che hanno portato all’arresto. Non solo. Dimostrandosi molto collaborativo il ragazzo aveva anche spiegato di coltivare 5 piante in una località boschiva poco lontano da casa. Erano anche stati trovati un po’ più di 2 mila euro che erano stati considerati come possibile guadagno dello spaccio. Per il giovane - incensurato - erano così scattate le manette e ieri mattina si è presentato davanti al giudice per la direttissima. Il primo atto è stato quello di convalida dell’arresto ma poi c’è stato il colpo di scena: assoluzione in base ad una sentenza della Cassazione del 2008. Un ruolo importante nell’assoluzione lo hanno avuto anche le spiegazioni relative a quei 2 mila euro abbondanti. È stato infatti provato che il denaro era custodito dal ragazzo per conto degli scout di cui fa parte e che agli scout sarebbe stato consegnato a breve. Non era quindi provento dello spaccio.

È stata poi presa in considerazione - anche se per le motivazioni bisognerà attendere un mese - la sentenza del 3 giugno del 2008 della Cassazione che di fatto ha stabilito una massima che concede ai rasta (come il «nostro» capo scout) la possibilità di detenere più erba rispetto a quelli che sono i limiti di legge che valgono per tutti gli altri. Una sentenza che a suo tempo aveva fatto gran scalpore ma che nella sua brevità è molto chiara. Il punto di partenza era il ricorso di un uomo di Terni che era stato arrestato con circa un etto di marijuana. Il ricorso era stato accolto perché «secondo le notizie relative alle caratteristiche comportamentali degli adepti di tale religione di origine ebraica, la marjuana non è utilizzata solo come erba medicinale, ma anche come “erba meditativa”, come tale possibile apportatrice dello stato psicofisico inteso alla contemplazione nella preghiera, nel ricordo e nella credenza che “la erba sacra” sia cresciuta sulla tomba di re Salomone, chiamato il Re saggio e da esso ne tragga la forza, come si evince da notizie di testi che indicano le caratteristiche di detta religione». Insomma, come titolato anche da diversi giornali tre anni fa, per l’erba la dose non è uguale per tutti.

Ieri in aula il ragazzo avrebbe detto di aderire al Rastafarianesimo e a dimostrarlo ci sarebbero stati anche i suoi cappelli acconciati con i classici dreadlocks.

Questa sentenza della Cassazione può andare a braccetto con una più recente che aveva stabilito che non è reato andare in vacanza provvisti di un quantitativo d'hashish sufficiente all'uso personale per tutto il tempo durante il quale si protrae il soggiorno. La massima era uscita con l’annullo con rinvio della condanna di un trentottenne sorpreso in montagna - in Alto Adige - mentre, sulla pista da sci, si confezionava uno spinello e aveva 48 grammi di hashish. Condannato per spaccio sia in primo grado che in appello, era poi ricorso alla Cassazione.

©RIPRODUZIONE RISERVATA













Scuola & Ricerca

In primo piano