Domeniche aperte niente da fare: oggi la giunta dice no

La delibera ritorna nel cassetto, ma il sindaco precisa: «Rassicurati da Olivi, manteniamo l’impianto originario»


di Sandra Mattei


TRENTO. «Sia chiaro, non si cambia niente, – esordisce il sindaco Alessandro Andreatta a proposito dell'incontro chiarificatore di oggi in giunta sulle domeniche aperte – non è che ci piace apparire incoerenti, come qualcuno ha voluto far passare la riflessione sul recepire o meno la legge nazionale sulle liberalizzazioni. C'è stato un elemento nuovo, la necessità di decidere il da farsi nel caso i ricorsi di Pam, Oviesse e Upim per l'apertura domenicale liberalizzata, dovessero essere accolti dal Consiglio di Stato».

Riassumendo: oggi la giunta comunale di Trento decide se ritirare o meno la delibera abbozzata due settimane fa, che intendeva recepire la legge Olivi, quella della riforma del commercio, alzando il numero massimo di domeniche aperte da 12 più 3 a 40.

Il motivo? Lo rispiega Andreatta: «Il senso della nostra azione è come affrontare il rischio di perdere la causa di fronte al ricorso dei tre colossi della grande distribuzione. Allo stato attuale, fino alla fine dell'anno, abbiamo 18 domeniche non coperte nel caso la decisione sia il prevalere della legge nazionale su quella provinciale. Si parla di milioni di risarcimento, se dovessero vincere i ricorrenti, calcolando il mancato introito delle domeniche in cui avrebbero potuto aprire. Per questo abbiamo voluto tutelarci e, dopo il confronto con l’assessore al commercio Alessandro Olivi, che ci ha dato assicurazioni al riguardo, possiamo affrontare con più serenità il futuro».

Se non che il cambio di rotta della giunta, sostenuta in particolare dall’assessore alle attività economiche Fabiano Condini, aveva sollevato nei giorni scorsi una levata di scudi da parte delle categorie economiche (Confesercenti e Unione commercio) e dei sindacati. Tutti convinti che non sia aumentando il numero delle domeniche aperte la soluzione per l’attuale crisi dei consumi. «Se non ci sono i soldi - è stato il leit motiv degli intervenuti nel dibattito - non ci sono sia nei giorni feriali che festivi». E le aperture domenicali non farebbero che far lievitare i costi da parte dei negozianti, costretti ad assumere più personale o comunque a far lavorare di più i dipendenti.

Detto questo, il sindaco ribadisce che l’impianto deciso in dicembre, quando la giunta deliberò il tetto delle 12 domeniche aperte (che cadono nel giorno dell’Epifania e la domenica successiva in occasione dei saldi invernali, in quella della Fiera di San Giuseppe e del Festival dell’Economia, per poi sfruttare la prima domenica di luglio per i saldi estivi, ed ancora la terza e la quarta di settembre in occasione dell’autunno trentino, arrivando all’ultima di novembre, per l’apertura del mercatino di Natale, e considerando le quattro di dicembre, più 3) è sempre valido: «Il sistema trentino, condiviso dal sindacato e dalle categorie, ci trova pienamente d’accordo per l’impostazione filosofica e culturale. In giunta prevale la sensibilità verso un’interpretazione più rigida della legge nazionale. E mi dà fastidio che qualcuno abbia parlato di questioni politiche alla base del confronto. Non ho nessuna intenzione di sconfessare i miei assessori, non l’ho mai fatto. Domani quindi (oggi, per chi legge) riporterò in giunta comunale quanto emerso nel confronto con l’assessore Olivi e con le parti sociali e ci confronteremo. Ma sia chiaro che non c’è nessuna delibera da adottare, perché c’è stata solo un’ipotesi di modifica, che a questo punto rimarrà tale». L’argomento sarà oggetto anche della commissione bilancio, presieduta da Daniele Bornancin, alla quale il sindaco ha annunciato di partecipare.













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