«Dirige una scuola parificata: rispetti le leggi dello Stato»

La filosofa Michela Marzano: a suor Eugenia posso anche riconoscere la buona fede, ma ora ammetta l’errore



TRENTO. Domenica scorsa, su Repubblica, aveva commentato la vicenda citando proprio il Vangelo di quel giorno: la parabola della zizzania, secondo cui «chi commette iniquità - così nel racconto del Cristo - va gettato nella fornace ardente». Dove iniquo, per la filosofa dell’Università di Parigi, dallo scorso anno anche deputata del Pd, è ovviamente il comportamento della madre superiora dell’Istituto Sacro Cuore. Che nel frattempo ha anche cambiato versione. Allora come la mettiamo?, scriveva domenica la filosofa.

Già, onorevole Marzano: come la mettiamo? La polemica come vede continua.

Sono curiose, queste contraddizioni in cui è caduta la dirigente scolastica: prima ha parlato solo di mancato rinnovo del contratto per ragioni economiche, poi ha fatto riferimento al rispetto di principi cristiani che una scuola cattolica deve rispettare.

E poi ha tirato in ballo presunte lamentele di studenti e genitori.

Per carità, tutto ciò che dice va preso sul serio. Ma qui, e mi riferisco invece alla docente, siamo di fronte a una persona che si è sentita offesa da quella conversazione, e che nei titoli dei giornali viene ormai definita tranquillamente lesbica benché lei mai abbia dichiarato di esserlo. E mi sembra davvero contraddittorio che una persona così parli con leggerezza con i propri studenti di orientamenti sessuali, men che meno del proprio. E comunque è una sfera privata su cui nessuno ha il diritto di indagare, tanto più se si parla di un posto di lavoro.Non solo per l’articolo 3 della Costituzione che condanna ogni discriminazione sessuale, ma per le leggi che impediscono a un datore di lavoro di chiedere informazioni sulla vita privata ai propri sottoposti. È uno dei cardini dello stato liberaldemocratico mantenere separata la sfera pubblica da quella privata.

Non crede che madre Libratore possa essere stata mossa soprattutto, diciamo così, da uno spirito di apostolato? Se così fosse, d’altra parte, si aprirebbe la questione ultima: la conciliabilità o meno di tale spirito con il suo ruolo.

Io non so se sia inconciliabile o meno, dipende dalle concezioni individuali della fede. Ma qui siamo di fronte a un’altra questione: la religiosa in quel caso agiva come dirigente di una scuola parificata al servizio pubblico. E in quanto tale ha l’obbligo di adeguarsi alle leggi del Paese. In caso contrario vengono meno i presupporti per la concessione di fondi pubblici. Discorso diverso se si trattasse di una scuola totalmente privata, ma non è questo il caso. Suor Eugenia può pensarla come crede. Ma quando si agisce in un ambito lavorativo in cui valgono le leggi della Repubblica, le sue idee passano in secondo piano.

Suor Eugenia ha 78 anni: la sua età, nel senso di una formazione tradizionale, può costituire un’attenuante?

Chiunque commette errori anche in buona fede, ci mancherebbe. Ma si dovrebbe poi ammettere di averli commessi. Specie se così gravi in rapporto al suo ruolo di dirigente scolastica.

Le è mai capitato, nella Francia dove vivre insegna, di assistere a una vicenda del genere?

Sarebbe impensabile: lì il principio della laicità è stabilito a livello costituzionale. Al punto che nelle scuole agli insegnanti è fatto divieto di portare o indossare simboli di qualsiasi religione. Certo esistono scuole cattoliche, ebraiche, anche musulmane. Ma sono totalmente private. (p.mor.)













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