«Dc e Psi, quando la politica si imparava nel partito»

Luciano Azzolini e Mario Raffaelli raccontano come avveniva la crescita di militanti e leader. Cambiare casacca allora non era concepibile


di Matteo Ciangherotti


TRENTO. Nella Democrazia cristiana e nel Partito socialista un caso come quello di Pedergnana - neopresidente del Patt costretto a dimettersi dopo la pubblicazione di alcune foto che lo ritraevano mentre baciava il santino del duce e faceva il saluto romano – sarebbe stato impossibile. Cosa c’entra, “che c’azzecca” direbbe Di Pietro, un’apparente simpatia fascista con la storia e la tradizione del Partito autonomista trentino? Nulla. Eppure Pedergnana era riuscito a scalare il “suo” Patt fino a ricoprirne la carica di presidente. Nessuno, all’interno del partito, conosceva il suo amore per il duce? Probabilmente no.

“Una goliardata”, hanno liquidato la cosa i vertici del Patt. Una goliardata che Luciano Azzolini, avvocato di Ala ed esponente di spicco della Democrazia cristiana (fu sottosegretario al lavoro nel governo Ciampi I), e Mario Raffaelli, più volte sottosegretario e deputato del Partito socialista, nemmeno riescono a immaginarsi, loro esponenti politici della Prima Repubblica.

“In generale la grande differenza rispetto a una volta – racconta Raffaelli – è che allora per diventare dirigente o leader di un partito bisognava prima superare una serie di tappe, c’era un percorso da intraprendere e non esisteva alcuna possibilità di essere proiettati al vertice senza aver intrapreso tale percorso all’interno del partito. Io, per esempio, sono stato eletto deputato giovanissimo, a 32 anni, ma avevo già alle spalle almeno 15 anni di militanza politica. Allora i partiti erano organizzati in commissioni e gruppi di lavoro e si prendeva parte costantemente ad assemblee e dibattiti interni. Le scuole per così dire artigianali dove si imparava a fare politica erano proprio rappresentate dal partito. La visibilità la si otteneva sollevando questioni e proposte e quando, su quelle proposte, si acquisiva un consenso tra i cittadini, allora ne derivava un clamore e uno spazio sui giornali. Oggi, invece, avviene esattamente il contrario: il fatto nasce, per esempio, durante un dibattito televisivo e da lì, attraverso un processo di distorsione, si propaga alla realtà”. Lo statuto del Psi, in questo senso, poteva aiutare, anche perché stabiliva che ciascun militante avesse il diritto di sostenere all’esterno ciò che, in precedenza, aveva già sostenuto all’interno del partito. Nessuna sorpresa, perché a muovere i politici (e non i politicanti) era un forte senso di appartenenza alla storia e ai valori del partito di appartenenza: “Cambiare casacca non era concepibile – continua Raffaelli -, era impensabile perché ognuno di noi apparteneva alla storia e alla tradizione del proprio partito. Nei pochi casi in cui si verificava un cambio di partito, sia chi operava quella scelta sia i compagni che venivano in qualche modo abbandonati vivevano tale situazione come un lutto; era un avvenimento drammatico perché si rompeva un legame forte, un vincolo che era quasi familiare”.

Luciano Azzolini si ricorda perfettamente quel colloquio avuto con il suo leader, il democristiano Bruno Kessler: “Kessler mi domandò tre cose, se avevo un lavoro, se ero sposato e in quale realtà associativa avevo fatto le mie prime esperienze politiche. Probabilmente conosceva già le risposte, ma voleva verificarle personalmente”. La classe dirigente della Dc veniva selezionata in tre modi. I candidati provenivano, quindi, da tre differenti situazioni: “Dalla vita di sezione all’interno del partito – spiega Azzolini -, dal mondo delle associazioni, nel caso della Dc in particolare cattoliche, e dalle varie categorie professionali (contadini, artigiani etc.) che erano l’espressione dei problemi concreti. La selezione non era certo fantasiosa. Oggi è cambiato tutto e all’appartenenza ai partiti e ai loro valori è subentrata la convenienza: mi candido dove ho più possibilità di essere eletto”.

©RIPRODUZIONE RISERVATA













Scuola & Ricerca

In primo piano