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Da Aleppo a Trento: il dottor Mohamed e la nuova farmacia

Parla il farmacista siriano che, lunedì, inizia una nuova vita: «Fuggito sotto le bombe, i medicinali li ho dati alla gente»



TRENTO. Sorride. Ora può finalmente alzare la serranda, lo farà lunedì, della sua nuova farmacia di via Milano 68 a Trento. Ma il viso del dottor Mohamed El Zennar, 43 anni, siriano, si incupisce quando con la memoria va a quell’ Aleppo, martoriata dai bombardamenti. E alla farmacia che, in centro città, aveva portato avanti per 10 anni, prima di dover fuggire con due valige sotto le bombe. Ecco la sua storia.

Dottor El Zennar l’insegna e la croce verde sono affisse. La sua farmacia è finalmente realtà.

«Sì, la trafila burocratica è stata molto lunga. Ho presentato la domanda quasi quattro anni fa. Vi sono stati dei passaggi controversi, ma debbo dire che gli enti pubblici trentini sono stati molto gentili».

Ecco, si deve dire che lei può aprire a Trento una farmacia grazie ad una pianta organica ampliata. E che uno dei sei nuovi posti le è stato riservato in quanto lei è un profugo.

«Sì è così, e non è un segreto che ci sono state molte reazioni e discussioni per questo passaggio. E’ un’eventualità che ho scoperto appena tornato in Italia, nel 2012».

Ecco, lei siriano di origine è cresciuto a Padova e si è laureato in farmacia a Ferrara. Ma è tornato poi in Siria, dopo ha aperto la sua farmacia.

«Ad Aleppo, in una zona centrale. La mia attività è proseguita per 10 anni. Lavoravo molto con la piccola comunità italiana di quella città. Una grande metropoli, paragonabile a Milano. Ho conosciuto l’ambasciatore, veniva da noi. Nel frattempo mi ero sposato ed avevo avuto il primo figlio».

Tutto sembrava a posto.

«Esatto. Nel 2011 sono però cominciati i disordini. In un primo momento solo di giorno. Comizi interrotti, poi spari. Disordini sempre più preoccupanti. Ma la notte era tutto tranquillo e si sperava che la questione si sarebbe risolta...».

Purtroppo non è andata così...

«Le dico solo che una mattina ero dietro il banco della farmacia ed una bomba mi ha portato via la vetrina... Non c’è stato tanto tempo per pensare a nulla se non a scappare... I farmaci li ho distribuiti a quanti avevano bisogno. Siamo fuggiti di notte, con due valigie: le frontiere erano già chiuse, siamo passati in modo rocambolesco attraverso la Turchia. Ci siamo fermati lì un paio di mesi, poi siamo tornati in Italia. Ad Aleppo in poche ore avevo perso tutto».

E nel Veneto ha scoperto la legge che consente ai profughi già titolari di farmacia nel Paese di provenienza di fare domanda per aprirne una qui.

«Ho visto che in Trentino c’era la possibilità. Ho atteso tanto, è nato il mio secondo figlio. Ora ha tre anni. La farmacia adesso Igea è realtà».(g.t.)













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