«Cte, tagli dolorosi ma indispensabili»

Cipriani: nessuno andrà ad Affi, chi resta lavorerà a Rovereto


Giuliano Lott


ROVERETO. «I dipendenti che rimarranno non andranno ad Affi, restano qui. La produzione roveretana della Cte verrà dismessa perchè qui concentreremo l'area commerciale, con la distribuzione e l'assistenza post vendita». Lorenzo Cipriani, presidente del gruppo Cte, spiega le ragioni dei tagli. «Dolorosi, ma non avevamo scelta dopo il tracollo del fatturato».

Non è solo Rovereto a fare le spese del "business plan" dell'azienda specializzata in elevatori e piattaforme aeree. «Nel 2008 avevamo fatturato 150 milioni, scesi a 90 nel 2010. Dopo aver mantenuto inalterati i livelli occupazionali per tre anni, e senza crecite all'orizzonte, abbiamo dovuto scegliere un piano molto conservativo per rimanere sul mercato. Le ripercussioni non ci sono solo su Rovereto, anche a Bertinoro licenzieremo una ventina di lavoratori e altri 60 esuberi circa sono previsti tra le fabbriche di Bologna e di Taranto». Cosa rimarrà in via Caproni, lo spiega il preisidente stesso: «Manterremo qui il quartier generale dell'azienda, il cervello. Concentriamo qui le funzioni di distribuzione e commerciale, con il service, cioè l'area servizi postvendita che comprende anche l'assistenza».

Scusi, ma non è che sfogliando la margherita un po' per volta si finisce per svuotare la sede roveretana, destinandola a una lenta agonia? «Al contrario, noi crediamo nel rilancio. Il nostro prodotto si regge sull'affidabilità delle rete assistenziale postvendita, senza crollerebbe la credibilità sul mercato. Che è basato all'85% sull'esportazione. Il nostro problema è che il mercato italiano si è fermato e da alcuni anni le piattaforme che costruivamo qui, con buoni risultati economici, oggi non si vendono più. Per questo abbiamo pensato di riorganizzarci, ma non abbiamo alcuna intenzione di lasciare il Trentino». Dunque niente disimpegno, anche se lasciate sul campo oltre venti lavoratori, tra i quali molti giovani e donne? «Non abbiamo ancora individuato chi lascerà l'azienda, ma solo l'area di appartenenza, relativa soprattutto alla linea produttiva - l'unica che c'è a Rovereto - in via di dismissione. Decideremo con il sindacato».

La Cisl si è mossa chiedendo l'intervento della Provincia. La sindacalista Anna Damiano si dice preoccupata, soprattutto dopo che la forza occupazionale era stata appena ridotta da 75 a 59 addetti con il ricorso alla cassa integrazione, smaltita solo nelle ultime settimane. «Sono numeri in apparenza piccoli - spiega lei - ma significativi, 20-23 posti di lavoro persi significano molto in una comunità come la nostra. Venti famiglie senza uno stipendio è un costo enorme in termini sociali e umani su un territorio come il Basso Trentino. Speriamo di individuare al più presto un percorso assieme alla Provincia dove vengano messi in campo gli ammortizzatori sociali adeguati».













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