«Così la sinistra ha tradito lo spirito dei beni comuni»

Il “padre” dei referendum sull’acqua pubblica boccia Pd, Sel e lista Ingroia «Monti? Peggio di Berlusconi. E chissà che il Cavaliere non faccia il miracolo»


di Paolo Morando


TRENTO. “Padre” dei referendum sull’acqua pubblica, il cui successo due anni fa sembrava poter ridisegnare l’agenda politica e lo stesso scacchiere dei partiti, il giurista torinese Ugo Mattei è oggi a Trento per presentare il suo libro “Beni comuni. Un manifesto” (vedi a destra). In questa intervista ne ha per tutti.

Professor Mattei, che fine hanno fatto i temi e i movimenti del 2011?

C’è stata però una forte crescita dal punto di vista culturale e giuridico, ma sul piano politico l’idea del bene comune, nel momento in cui è diventato lo stesso nome della coalizione Pd-Sel, è stata normalizzata: solo un espediente evocativo senza più potenziale di trasformazione. Come il concetto di sostenibilità: nozione radicalmente critica poi diventata solo un manifesto di buone intenzioni.

E la candidatura di Ingroia alla guida del movimento arancione?

Proprio lì c’è stata la marcia indietro. In questi anni, appunto sul tema dei beni comuni, la sinistra era riuscita a rappresentare un popolo trasversale, mettendo in campo la visione di una società diversa, attraverso una piattaforma ideologica forte e in grado di diventare egemonica. Poi è arrivata l’operazione Ingroia, messo in pista da Di Pietro. La sinistra si è così riappiattita sul vecchio tema del legalismo formale e forcaiolo, dell’antimafia come business: un enorme passo indietro rispetto alla nostra elaborazione. Con effetti paradossali.

Si riferisce al movimentismo associato alla legalità “senza se e senza ma”?

Proprio così. Da un punto di vista strettamente formale, i beni comuni in questi anni sono stati spesso declinati in modo illegale: ad esempio attraverso occupazioni. E comunque, in generale, in una logica di forte contrasto rispetto alla legalità costituita. Cercare oggi di raggruppare i movimenti attorno a una piattaforma legalistica è una contraddizione davvero clamorosa. E infatti i movimenti alla ricerca di una rappresentanza politica si sono subito allontanati da Rivoluzione civile. Che non è altro che un’operazione di riciclaggio messa in piedi da partitini. In poche settimane è stato totalmente distrutto un lavoro di anni.

E infatti voi “professori” vi siete subito smarcati.

Sono stato tra i primi critici, proprio perché pensavo che la nostra operazione dovesse puntare a portare alle urne buona parte di quella larghissima fetta di cittadini che non vota e che non crede alla rappresentanza. Avremmo potuto convincere i movimenti a superare le loro perplessità rispetto alla democrazia rappresentativa, spesso vissuta come una truffa. Benché si tratti di persone caratterizzate da una partecipazione politica diffusa: penso a chi occupa i teatri, ai movimenti legati al territorio, ai centri sociali, a chi lotta contro la Tav. Per non parlare dell’immenso mondo del precariato legato all’università. Tutte realtà che si sarebbero potute riconoscere in una piattaforma “benecomunista”.

Cavalcando politicamente la critica alla partitocrazia.

Ma con un orizzonte di senso costruttivo: non solo urla e barricate, ma creando un ceto politico in grado anche di proporre, con una visione diversa dell’economia. Temi scomparsi negli “arancioni” e mai vissuti fino in fondo in Sel. È davvero una grande sconfitta per chi aveva votato il referendum sull’acqua bene pubblico, un mondo non solo di sinistra. Invece ora siamo ripiombati in una contrapposizione destra-sinistra di stampo ottocentesco.

Non crede che potrà giovarsene il Movimento 5 Stelle?

Se prenderà molti voti sarò contento: sarà comunque un importante segnale antisistemico. Ma non attirerà gli astensionisti: chi è politicamente attivo ma rifiuta la democrazia rappresentativa non si fida dei “grillini”, li vede come dilettanti allo sbaraglio. Per non parlare di certe loro sbavature imbarazzanti: come l’apertura alla destra estrema di Casa Pound.

Lei alla fine chi voterà?

Risiedo a Torino, lì sarà facile: nella lista piemontese di Sel c’è Giorgio Airaudo, ottimo sindacalista della Fiom. Ma sarà un voto rivolto alla persona, non al partito. Se fossi in Veneto o Liguria voterei invece un candidato di Rivoluzione civile, Alberto Lucarelli, che a Napoli è assessore ai beni comuni della giunta De Magistris.

E con il “Porcellum” senza preferenze, come farà?

Certo, è un problema: tutto dipende dalla posizione assegnata in lista ai candidati.

Professore, che cosa pensa invece del governo Monti?

Penso che sia stata la risposta golpista di fronte alla presa di coscienza del popolo italiano, che attraverso i referendum del giugno 2011 si era espresso chiaramente contro il neoliberismo. A questa volontà di invertire la retta è stata data una risposta autoritaria: prima con l’attacco speculativo contro l’euro, poi con la soluzione emergenziale del governo Monti, di cui penso tutto il male possibile. Tutte le soluzioni autoritarie contrarie alla volontà popolare non possono che portare guai. Nonostante il potente sforzo mediatico che l’ha sostenuto, facendolo avvertire come male minore rispetto a Berlusconi.

Il premier Monti insomma anche peggio del Cavaliere?

Sì, è un male ancora maggiore. Tant’è che ora Berlusconi è tornato in gioco. E forse, grazie a quest’anno di governo Monti, alla fine farà il miracolo.

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