«Con 5.700 pompieri si affronta tutto» 

Tullio Ioppi è il presidente dei vigili del fuoco volontari del Trentino: «Non chiamateci angeli, siamo gente che lavora»


di Fabio Peterlongo


TRENTO. «Non chiamateci “angeli”, siamo gente che lavora». Non vuole elogi il presidente dei Vigili del fuoco volontari della Provincia, Tullio Ioppi. Eppure, i vigili del fuoco volontari sono lì, sotto la pioggia più intensa caduta sul Trentino in oltre cinquant’anni, ad artigliare il fango, a strappare via l’acqua, a porgere aiuto a chi credeva di essere perduto. Non li chiameremo “angeli”, ma ci manca un’altra parola altrettanto adeguata.

Presidente Ioppi, cosa ha significato per voi affrontare una simile emergenza?

Trovarsi di fronte ad eventi diffusi su tutto il Trentino, con il telefono della sala emergenze che continua a suonare, lascia senza fiato. Quando ti suona il cerca-persone, la mente corre subito all’intervento e cerchi di non pensare alla moglie che lasci a letto, senza la certezza di rivederla. Ma con 5700 vigili del fuoco pronti a scattare, non c’è emergenza a cui non puoi fare fronte.

Cosa spinge un giovane ad avvicinarsi al corpo dei Vigili del fuoco volontari?

I nostri allievi sono 1.200. In Trentino è sedimentato nel profondo un sentimento di comunità: questa è una terra grama, dove è necessario sapersi togliere d’impaccio, lavorando insieme. E nonostante il vigile del fuoco sia una figura percepita come “maschile”, ormai le donne rappresentano circa il 20% dei volontari e si gettano nell’incendio esattamente come i colleghi maschi.

Le previsioni danno ancora pioggia: cosa ci aspetta nei prossimi giorni?

Potranno esserci precipitazioni continue, ma diluite nel tempo: insomma, il peggio è passato. Ma potranno sorgere problemi là dove sono ancora aperte le ferite degli ultimi giorni: aumenta il rischio di frane e smottamenti. Terremo la situazione sotto controllo mettendo delle sentinelle di ancoraggio.

Il ricordo è corso alla grande alluvione del 1966. Quali sono state le differenze?

Rispetto al ’66, è caduta una quantità maggiore di acqua, ma in quell’occasione si era fusa una gran quantità di neve in alta quota, cosa che non si è ripetuta. Nel corso degli anni sono state costruite tante opere di contenimento: l’apertura del canale Adige-Garda ha salvato il Basso Trentino ed il Veronese. La Provincia ha dato ordine di aprire alcuni invasi che hanno ridotto la pressione sulle dighe.

Dove si sono registrati i danni più gravi?

Abbiamo assistito alla perdita di due vite umane, con la tragedia di Dimaro e la morte di un vigile del fuoco a San Martino in Badia. I danni più gravi si sono verificati proprio a Dimaro e Bresimo, con alcuni ponti spazzati via. Anche la Bassa Valsugana è stato colpita duramente ed il Primiero è ancora isolato. In Fassa manca l’alta tensione ed il vento ha sollevato il cavo d’acciaio di un impianto di risalita, buttandolo a terra. Per fortuna non siamo in stagione turistica.

Come stanno i due vigili del fuoco feriti? Quali saranno le prime parole che direte loro?

I due ragazzi sono rimasti in osservazione, con alcune escoriazioni. Diremo loro: “Ragazzi, vi è andata bene, facciamo tesoro di questa esperienza”. Cercheremo anche di capire cosa è andato storto.

La cittadinanza è adeguatamente preparata per affrontare queste emergenze?

Andrebbero fatte esercitazioni rionali, come si fa in Giappone. I cittadini vanno però coinvolti e motivati. Cerchiamo di approfittare del ricordo dell’emergenza che abbiamo vissuto: questa volta non l’abbiamo solo vista in televisione.













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