«Compromesso doloroso, ma non avevamo scelta»

Toponomastica “epurata” all’ex Michelin, i capigruppo di maggioranza scaricano la responsabilità sulle opposizioni


di Giuliano Lott


TRENTO. Ora che la frittata è fatta, sembra figlia di nessuno. O meglio, a sentire i capigruppo la colpa è sempre “degli altri”. Il voto del consiglio comunale, all’alba di mercoledì, ha cancellato anche la proposta di intitolare una strada allo Statuto dei lavoratori e la piazza delle Donne operaie è diventata piazza delle Donne lavoratrici. Ivana Di Camillo (Pd) non nasconde la propria amarezza, ma rimane convinta che «la politica è fatta di mediazione, da idee diverse bisogna arrivare a una sintesi condivisa». Ma non c’erano i numeri per portare a casa una soluzione diversa? «Di fronte alla proposta della Commissione, le opposizioni hanno presentato 307 emendamenti che avrebbero paralizzato per mesi i lavori del consiglio». Nulla di illecito, l’ostruzionismo è ammesso dal regolamento. «Abbiamo davanti la discussione sul bilancio, non potevamo permetterci di farla slittare sine die facendoci bloccare sui nomi delle strade dell’ex Michelin. E’ stato un percorso lungo, faticosissimo anche per me, anche perché credo tutt’oggi che la proposta iniziale avesse un senso compiuto, coerente con la storia della città e di quel quartiere in particolare». Allora perchè arrendersi? «Ha prevalso il nostro senso di responsabilità, il “muro contro muro” non è politica. Credo che alla fine chi ha perso davvero è chi non ha rispettato il lavoro della Commissione utilizzando il tema della memoria storica per guadagnare visibilità. Ma la gente è più intelligente di quello che si crede, e sa leggere tra le righe». E’ soddisfatta della soluzione uscita dal consiglio? «Lascia l’amaro in bocca, ma la responsabilità non è nostra . E’ di chi ci ha costretto a chiudere la partita con un compromesso, disconoscendo il difficile lavoro della Commissione». Lucia Coppola (Verdi) si dice insoddisfatta dell’esito: «E’ una decisione che scontenta tutti, rimango del parere che la figura di Mattei andasse valorizzata, come anche quella di Alex Langer, e mi dispiace che quel quartiere dove non rimane nemmeno un sasso della Michelin non sia diventato luogo della memoria, anche per le tantissime donne che ci hanno lavorato. Ma quando la discussione è approdata in consiglio, i giochi erano già fatti. Peccato che passi un messaggio sbagliato, che lo Statuto dei lavoratori è di sinistra, o che la parola operaio venga identificata con una parte politica. E’ il frutto di un processo poco condiviso in consiglio, anche nelle file della maggioranza. E’ evidente che qualcosa non ha funzionato». La verde è convinta che vada rivisto il regolamento comunale, e che la Commissione toponomastica diventi tecnica, non politica. Opinione condivisa da Franco Micheli (Upt): «L’importante è che la proposta iniziale non sia stata stravolta. Ci si poteva aspettare che lo Statuto dei lavoratori non passasse. ma in generale, credo che la toponomastica debba avere un percorso diverso. Dieci anni fa la Commissione era costituita da esperti super partes, competenti in storia e cultura locale. Era un sistema che agevolava il lavoro politico dei consiglieri. A volte è saggio fare un passo indietro». Francesco Porta (Prc) si mette tra gli scontenti: «Il Pdl, che è un partito allo sbando, si è attaccato a questioni di principio per sopperire alla mancanza di idee politiche. Ideologicamente sono lontani dalla difesa dei diritti dei lavoratori, ma sono arrabbiato anche con nla maggioranza. Con percentuali bulgare non sono stati capaci di arrivare in fondo alle loro stesse scelte. Mi auguro si dimostri più compatta in futuro» A cantare vittoria è il Pdl, per aver «disinnescato l’impronta ideologica di un mix di intitolazioni che esprimono una visione classista ormai superata, che non poteva essere imposta alla città» spiega Nicola Giuliano, che rifiuta la definizione di “mercato dei nomi”: «E’ stata una discussione, non un mercato. Abbiamo rinunciato alla battaglia sui nomi di Biagi e D’Antona, ma il parco è rimasto intitolato alle donne lavoratrici, includendo anche le decine di impiegate che lavoravano alla Michelin».

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