l'omicidio di campiglio

«Ciccolini, una feroce volontà di dominio»

Le motivazioni della sentenza che ha condannato l'avvocato veronese a 30 anni di carcere per la morte della sua ex fidanzata Lucia Bellucci



TRENTO. Vittorio Ciccolini voleva uccidere Lucia Bellucci. Lo voleva da tempo. Lo dimostra il fatto che avesse comprato un coltello militare due giorni prima dell’ultimo appuntamento, il 7 agosto 2013, e lo dimostra il fatto che avesse già scritto due lettere al papà e all’ex marito della ragazza. Due lettere con le quali, si legge nelle motivazioni della sentenza con la quale il giudice Carlo Ancona lo ha condannato a 30 anni, voleva dare una parte della responsabilità di quanto era accaduto ai destinatari delle missive.

Questo perché il padre non avrebbe impartito i giusti insegnamenti alla figlia e perché l’ex marito non avrebbe avuto abbastanza polso. Le motivazioni sono racchiuse in 22 pagine. Gran parte è stata dedicata alla mancata concessione delle attenuanti generiche. In primo luogo si osserva che non è in discussione l’attenuante del risarcimento perché «non c’è stato nessun risarcimento del danno neppure in minima parte e per consapevole omissione dell’imputato».

Poi le attenuanti generiche non vengono concesse tra l’altro per «quella volontà di feroce punizione e sopraffazione, quel desiderio d’imposizione della propria volontà con cui l’imputato si è confrontato...Significativa è anche la condotta successiva al fatto. Diventano importanti le lettere spedite al padre e all’ex marito che l’imputato considerava corresponsabili delle scelte della vittima»













Scuola & Ricerca

In primo piano