Chiuso l'autolavaggio dei disabili

La stazione di Gardolo giace in stato di abbandono. «Ma riapriremo»


Martina Bridi


TRENTO. A vederla così dismessa e abbandonata, la stazione di autolavaggio situata in località Pioppeto in via delle Crosare a Gardolo non ricorda nulla del nobile scopo per il quale era stata costruita. La struttura, infatti, rientrava in un progetto di riabilitazione psichiatrica promosso dall'associazione di auto mutuo aiuto "La Panchina", grazie alla quale alcune persone con disturbi mentali ospitate alla Casa del Sole avevano trovato un luogo dove lavorare sotto la supervisione di un responsabile. Iniziata nella primavera del 2007, lo scorso agosto l'attività di pulizia veicoli e furgoni ha chiuso i battenti lasciando una struttura che ad oggi ospita spazzatura e che presenta i primi segni di cedimento causati dall'incuria e dalle intemperie.

L'autolavaggio era costato circa 165 mila euro (di questi, 40 mila erano arrivati dalle casse del fondo sociale europeo), mentre il terreno era stato offerto a titolo gratuito dal Comune di Trento. L'azienda sanitaria, in convenzione con l'associazione La Panchina per quanto riguarda diversi progetti (ultimo dei quali un servizio di catering), portava lì tutte le sue vetture a lavare. Ma non erano certo gli unici, anzi si può ben dire che il suo giro di clienti ce l'avesse.

«Dopo un inizio un po' in sordina, l'autolavaggio aveva cominciato ad essere conosciuto e negli ultimi tempi arrivavano 15/20 macchine al giorno», ricorda Michele Tait, ex dipendente dell'associazione e, fino alla sua chiusura, referente del progetto. Ma allora perché l'attività si è fermata? «Ci sono stati alcuni problemi interni - spiega Claudia Maistrelli, presidente dell'associazione - ma il servizio ricomincerà ad essere attivo il prima possibile». Spiegazioni, a dir la verità, un po' vaghe, ma che non lasciano dubbi sulla volontà di voler riprendere in mano un progetto che rappresenta una sfida importante nel campo della riabilitazione psichiatrica: da un lato c'è la possibilità di lavorare e di svolgere una funzione di utilità per la società, e dall'altro il reinserimento sociale e relazionale volto ad abbattere il muro della diffidenza che spesso si erige nei confronti di persone che soffrono di disturbi mentali.

All'autolavaggio, comunque, la situazione non è sempre stata tutta rose e fiori. Pare, infatti, che ci fosse parecchio da faticare per far rispettare i turni di lavoro e che il responsabile non riuscisse a farsi valere con i suoi collaboratori. Problemi, però, imputabili al contesto socio-sanitario all'interno del quale era stato concepita l'attività, non finalizzata alla massimizzazione dei profitti bensì alla realizzazione di un percorso di riabilitazione.













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