Carmine Abate, il Campiello nel mirino

Il suo «La collina del vento» è entrato nella cinquina degli autori che sono candidati al prestigioso riconoscimento


di Carmine Ragozzino


E se sulla collina dei misteri di Carmine Abate soffiasse oltre al vento di una qualità letteraria indubitabile, (che non si scopre certo oggi) anche la brezza gratificante di un trionfo nel premio più prestigioso fra i tanti, troppi, che impongono a superlavoro le giurie di ogni regione? Potrebbe accadere. E se accadesse ne menerebbe vanto, oltre che naturalmente l’Abate stesso, anche il Trentino: «patria» felicemente adottata dallo scrittore che sta di casa a Besenello e che ha il cuore e la mente al di qua e al di là dei mari. «La collina del vento», l’ultimo romanzo di Carmine Abate, è in testa, (in quanto a preferenze dei giurati), alla cinquina dei finalisti del Campiello. Il gruppo esperto in lettura e valutazione, capitanato da Massimo cacciari, ha scelto infatti il lavoro di Abate assieme a quelli di Francesca Melandri, (Più alto del mare), di Marco Missiroli, (il senso dell’elefante), di Giovanni Montanaro, (tutti i colori del mondo) e di Marcelo Fois, (Nel tempo di mezzo). Una sfida letteraria gentile ed elegante - i finalisti del Campiello si loderanno l’un l’altro, come spesso è accaduto, e una battaglia commerciale tra case editrici di peso. Abate pubblica per Mondadori, gli altri per Rizzoli, Guanda, Montanaro ed Einaudi. S vedrà chi alla fine alzerà il Campiello, aumentando nel contempo le sue quotazioni di vendita. Fatto sta che l’ingresso di Abate nella cinquina d’oro, e per di più in pole position, è già un gran risultato per un autore che ha nel carniere opere di spessore, sensibilità, autentica capacità di lettura critica della realtà. Dentro «La collina del vento) c’è anche l’omaggio, la riscoperta, del grande archeologo trentino Orsi .Un'antica città sepolta. Una collina che nasconde molti misteri. Una famiglia calabrese che non si arrende alle intimidazioni mafiose.

Ecco gli ingredineti di un romanzo salutato all’uscita, alcuni mesi fa, come ricco e corposo, problematico e potente.

Un romanzo che comincia con l'omicidio di due giovani in circostanze misteriose e termina affrontando il tema spinoso della difesa del territorio. Una super sintesi, quella di cui sopra, perchè le storie, e quella di Abate in partucolare, vanno lette, introitate.

Ma come sempre oltre al romanzo nella scrittura di Abate c’è la geografia di una terra, la sua storia e la radice del suo autore. Cosicché il luogo in cui si svolge gran parte delle vicende è reale e ad un tempo mitico, simbolo di ogni Sud del mondo e affascinante fin dal nome: Rossarco, una leggendaria, enigmatica altura a pochi chilometri dal mar Jonio, dove il vento soffia forte, sennza soste. Un vento che non piega la resistenza ai soprusi degli Arcuri,di chi custodisce la collina. Nel romanzo di Abate si intrecciano una storia famigliare affascinante e una storia di popolo, di regione, di terra e di mare che fa i conti in una dimensione di saga con un benessere illusorio e fuorviante. E’, ancora, l’Abate dell’impegno civile e della scrittura efficace. Che il Campiello potrà esaltare, ma che resta importante anche senza premi.













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