Botteghe storiche, la ricetta di Olivi

L'assessore: ecco le nuove regole per agevolare il commercio più tradizionale



ROVERETO. «Non è vero che non si sono strumenti per cercare di difendere le «vecchie botteghe» e in generale i centri storici dall'assalto di banche e agenzie immobiliari. La legge provinciale sul commercio dà delle possibilità importanti ai comuni: non riduciamo tutto a una targa sui vecchi negozi, che è importante ma è ovvio che non potrebbe bastare». Parola di Alessandro Olivi, che la legge che porta il suo nome, ovviamente la conosce. L'assessore provinciale prende le mosse dal servizio del Trentino sui negozi storici spariti negli ultimi anni. In gran parte sostituiti da punti vendita in franchising.

Altri negozi sono rimasti desolatamente chiusi. Probabilmente in attesa che si faccia vivo qualcuno in grado di spendere per l'affitto dei locali quello che un mercato ormai irrealistico pretende. L'effetto è che la città perde non solo pezzi di storia sociale e popolare, ma anche un po' alla volta la propria peculiarità, quello che la fa diversa dalle altre migliaia di cittadine di pari dimensioni d'Italia e di Europa.

Le regole ci sono. «In verità - dice Olivi - qualcosa da fare c'è e mi preme sottolinearlo. Perchè credo sia vero che il commercio è fondamentale per mantenere la vita nei centri storici. E perchè i negozi tradizionali e tipici sono un elemento importante di un commercio che abbia valore come elemento turistico. Lo strumento principale è rimesso ai comuni: la possibilità di vincolare urbanisticamente le destinazioni d'uso commerciale in aree precise della città. Per capirci, stabilire che in una determinata zona urbana, come potrebbe essere il centro storico o una parte di esso, la destinazione dei piani terra non sia più genericamente a terziario, ma a commercio vero e proprio. In questo modo la sostituzione dei negozi con banche, agenzie e uffici vari non sarebbe più possibile. E si otterrebbe anche un importante effetto calmieratore sul mercato degli affitti: una banca, per fare un esempio, può pagare molto più di un qualsiasi negozio. E questo può finire per spingere i costi oltre il limite sostenibile, tanto che si vedono spazi anche importanti che restano vuoti».

Il ruolo dei Comuni. Tocca ai comuni, insomma. «Certo: noi abbiamo previsto lo strumento e la possibilità, ma non può essere la Provincia a decidere se e in che aree sia opportuno porre vincoli urbanistici». Spunto che per ora l'amministrazione comunale di Rovereto non ha ritenuto di cogliere, anche se in verità - spiega l'assessore Robol - solo perchè non ne aveva consapevolezza. «Non ne abbiamo mai parlato, ma effettivamente inserire questa previsione nelle norme attuative del Prg potrebbe essere interessante. Porterò la cosa all'attenzione dei tecnici e della giunta e valuteremo. So della possibilità prevista dalla legge Olivi di derogare nei centri storici ai limiti per i negozi di grandi dimensioni, più rigidi nelle periferie. Ma è un automatismo: questo aspetto della tutela urbanistica dei negozi non lo avevamo preso in considerazione».

In effetti anche Olivi ricorda tra le misure per rilanciare i centri anche la deroga, solo nei centri storici, le restrizioni che colpiscono i centri commerciali: i negozi con più di 800 metri di superficie. «Non è discorso che riguarda le botteghe tradizionali, ma il commercio in genere. Nella convinzione appunto che sia indispensabile per tenere vita ed attività economiche nei centri storici. Oggi un «centro commerciale», magari pensato come outlet dei prodotti tipici locali ma anche come consorzio di più negozi di un settore meno tipico, sarebbe possibile in centrocittà e non più in periferia. E' una occasione che diamo alle imprese, convinti che come accade in tutto il Nord Europa, non sia una bestemmia pensare a centri commerciali e comunque a negozi di grandi dimensioni nel cuore delle città». Infine c'è il discorso dei sostegni alle botteghe storiche vere e proprie.

Le botteghe storiche. «Abbiamo fissato i criteri in base ai quali selezionarle e demandato ai comuni il compito di farne il censimento. Ma la legge prevede anche degli incentivi economici. Penso al contributo del 15 per cento, al posto del 7,5 che spetta agli altri negozi, per l'ammodernamento dell' attrezzatura. Oltre alla valorizzazione con una pubblicizzazione mirata. Qualche strumento concreto, c'è. Ed è una strada sulla quale credo sia giusto proseguire».













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