Bike sharing, l’inizio è... diesel

Prova sul campo fra documenti e semafori che impazziscono. E alla fine a destinazione si va a piedi


di Paolo Piffer


TRENTO. Prima di uscire di casa una rapida occhiata al sito della Provincia per verificare, visto che la situazione è monitorata in tempo reale, la disponibilità di bici nelle vicinanze. Fuori dal Centro SantaChiara ce ne dovrebbe essere un paio in una delle tante stazioni di bike sharing installate da poco. D’altronde, mica si può rinunciare a sperimentare l’emozione elettrica, come ammicca con un gioco di parole il progetto provinciale «e.motion». E poi c’è un amico che abita in collina e che sta per mettere su il caffè. Con l’elettrica dovremmo arrivare in un attimo e senza tanta fatica se corrisponde al vero che il mezzo “tiene” pendenze, almeno per brevi tratti, fino al 10% pedalando come si andasse in pianura. La scorsa settimana ci siamo accreditati. Avendo la smart card del servizio pubblico niente di meglio che andare in uno degli uffici indicati e che funzionano da transito della documentazione verso il servizio trasporti provinciale. Già il vedere uscire da sotto il bancone un modulo cartaceo per comunicare dati, coordinate bancarie, compreso il codice Swift Bic che manco sappiamo cosa sia, oltre a mail, cellulare e fotocopia della carta d’identità (da non credere) fa intuire che si andrà per le lunghe. Alla faccia dell’informatizzazione, della digitalizzazione e di quant’altro ormai da anni ogni politico si riempie la bocca. Aggiungi che è venerdì pomeriggio e, per accelerare, visto che ci viene riferito che i corrieri “passano ogni tanto” a ritirare le richieste, meglio portare, personalmente, le carte alla biglietteria di Trentino Trasporti da dove partiranno per gli uffici che se ne occupano. Ovviamente non prima di lunedì. In quanto all’attivazione, «si tratta di provare», e cadono le braccia. Comunque ci siamo: intorno alle 15,30 Centro Santa Chiara, solo una bici normale ed una elettrica.

Ce ne dev’essere già un gran uso, un successone. Appoggiamo la smart card alla colonnina. Non succede nulla. Riproviamo. Luce verde, ma il mezzo non dà segnali di stacco. Precisiamo, non siamo nati informatici ma neanche analfabeti. Quel che serve, «clienti”» medi. Scatta il rosso, fuori servizio. Poco male. Quattro passi, vicino all’università. Anche qui un’elettrica e una normale. Potrebbe essere la volta buona. Macché. Non resta che telefonare al servizio trasporti. Magari c’è qualcosa che non va. Gentilissimi, rispondono che no, è tutto ok. E che comunque, in effetti, non pare che la bici sia stata prelevata. Almeno quello, non vorremmo trovarci a fine anno il conto corrente prosciugato. Comunque sia, meglio chiamare il numero verde. Ulteriori istruzioni. Ma la colonnina impazzisce. Il verde si alterna al rosso. E non sarebbe la prima volta, commentano. Fortunatamente il cc è salvo. Non resta che cambiare colonnina. Di elettriche non c’è ombra. Sempre a piedi verso l’angolo via Torre Vanga-via Alfieri. L’elettrica è andata a ruba. Piazza Mostra è a pochi passi, ma non ancora attiva. Basta così, per adesso. A Parigi, con la smart card dei servizi pubblici si acquista anche il bike sharing. Ad Amburgo si preleva con la carta di credito. La Provincia di Trento non manca di società informatiche o similari a cui, evidentemente, piacciono la «complessità» e l’odore della carta. Post scriptum: la bici non ha un sistema di chiusura, si dovesse magari andare a fare la spesa e lasciarla incustodita. Bisogna cercarsi il parcheggio più vicino. Se no, in caso di furto, il portafoglio ne risentirà di certo. Ai parcheggi le informazioni sono in italiano. Neppure in tedesco, se non altro in onore all’Euregio. Telefona l’amico. Il caffè è freddo. Con questo caldo, forse è meglio.

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