«Basta con le lucciole sulle strade»

Residenti e negozianti di Gardolo: l’ideale è che sparissero i clienti, ma non succederà. Meglio tornare alle case chiuse


di Paolo Piffer


TRENTO. Che alcune zone di Gardolo siano, storicamente, frequentate dalle prostitute lo ha ribadito ieri al Trentino il questore Giorgio Iacobone. Dopo l'omicidio, a Bolzano, della bulgara Svetla Fileva da parte del diciannovenne Kevin Montolli, un rapido giro nel sobborgo a nord di Trento mette in evidenza come il fenomeno sia certo percepito, quasi ineludibile, ma anche che lo sguardo va al di là di quanto si può vedere ogni sera, se non dal primo pomeriggio, ad esempio lungo via Brennero o in altre parti della vasta circoscrizione. Maria Luisa Tomasi gestisce il tabacchino della piazza principale di Gardolo. Tiene subito a precisare che «nel centro del paese la situazione è tranquilla e non ci sono problemi. Semmai - prosegue - sono altri i posti dove le prostitute esercitano e ci sono luoghi più o meno pericolosi, soprattutto nella periferia del sobborgo». E cita Canova. Però va oltre e riflette. «Sarebbe un gran bene che il fenomeno non esistesse proprio. Dirò di più, se non ci fossero i clienti, che visto il caso sono nella stragrande maggioranza maschi, non ci sarebbero neppure le prostitute. O no?». E' certo una considerazione saggia e di una logica stringente che, d'altra parte, porta a ragionamenti diversi, conditi di ulteriori sfumature, anche lì vicino, al bar Savoia. Dietro il bancone c'è Rossella Daldoss. Che attacca: «Questa qui è una zona tranquilla, in centro a Gardolo problemi non ce ne sono, la mia è una bella clientela. Ovvio - prosegue - che è brutto quello che è successo a Bolzano, anche qui i clienti ne parlano sfogliando il giornale, e pure che sulla pubblica via ci siano le prostitute. Sinceramente, vedrei bene la riapertura di quelle che una volta venivano chiamate la case chiuse. Senz'altro ci sarebbe meno casino in giro». A Canova, che è sempre stata rappresentata come una zona difficile della circoscrizione, le opinioni sono le più diverse. C'è anche una certa ritrosia a parlare del tema. La parrucchiera Giuliana, che in negozio ha in bella mostra foto che la ritrae con alcuni divi del cinema visto che gira i set trentini per lavoro, sostiene che «di prostitute ce n'erano di più qualche anno fa. Ci sono anche adesso, ovvio. Però di meno. Anch'io sono dell'opinione che sarebbe meglio riaprire le case chiuse. In questo modo il fenomeno potrebbe essere più sotto controllo, da tutti i punti di vista. E ci sarebbe meno “spettacolo” per strada». Nel bar vicino, la gestrice parla, ma non vuole né foto, né nome: accontentata. «E' importante non fare di tutta l'erba un fascio - afferma - Quello che è successo a Bolzano poteva capitare da qualsiasi altra parte. D'altronde, le prostitute sono dappertutto e si sa che Canova è una zona piuttosto difficile. Ma non siamo neanche il Bronx, non esageriamo. Ed è anche vero che se non ci fossero i clienti non ci sarebbero neanche le prostitute». D'opinione diversa Piergiorgio Moser, giornalaio e tabaccaio con la moglie Bruna, proprio in piazza, sempre a Canova. «Tutto sommato questa è una zona a posto - sottolinea - Canova non è un ghetto, come invece, spesso, si dice. Semmai, per tornare alle prostitute, stazionano nella parte alta di via Paludi o nelle vicinanze della rotatoria del Bren Center e in via Soprassasso. Cosa vuole, i clienti ci saranno sempre. A questo punto meglio tornare alle case chiuse».

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