LA SENTENZA

Annullato il licenziamento di Grisenti

Il giudice ha condannato la Regione a pagare 25 mila euro di risarcimento e a reintegrare l’ex assessore al lavoro



TRENTO. Dopo tante amarezze le aule di tribunale regalano qualche sorriso a Silvano Grisenti. Ieri il giudice del lavoro di Trento, Giorgio Flaim, ha accolto il suo ricorso, presentato tramite l’avvocato Vanni Ceola, contro il licenziamento che gli era stato intimato dalla Regione otto mesi fa. Il giudice, con un’ordinanza depositata ieri, non solo ha annullato il licenziamento per mancanza di giusta causa, ma ha anche imposto il reintegro di Grisenti nel suo posto di lavoro, oltre a condannare la Regione e versargli le 8 mensilità dovute per il periodo non lavorato, più gli interessi e i contributi, ovvero circa 25 mila euro.

Adesso Grisenti dovrà decidere se pretendere la reintegra nel posto che occupava dal lontano 1978 (a parte le molte interruzioni dovute agli incarichi politici) oppure se scambiare il suo diritto di tornare al lavoro con le 15 mensilità di risarcimento previste dalla legge. In questo caso non riavrebbe il suo posto, ma sarebbe una sua scelta. Chi lo conosce bene e conosce il suo orgoglio e il suo carattere è pronto a scommettere che non tornerà a lavorare in Regione, ma continuerà a fare il consulente nel settore degli appalti, attività che ha intrapreso dopo il licenziamento che gli era stato intimato il 14 maggio 2015. Comunque, Grisenti ha 30 giorni a disposizione per poter scegliere. In questi giorni è in Africa, in Tanzania, a lavorare ai progetti di solidarietà a cui si dedica da molto tempo. Al suo ritorno deciderà se tornare a fare l’impiegato all’ufficio della giunta regionale oppure se buttarsi definitivamente nel settore privato. Intanto incassa questa vittoria che ristabilisce il suo onore sul posto di lavoro. La Regione aveva licenziato Grisenti quando era diventata definitiva la condanna a un anno per truffa, corruzione propria e violenza privata. Infatti la Regione contestava all’ex assessore il fatto che la condanna per fatti gravi, anche se non attinenti al rapporto di lavoro non ne consentiva la prosecuzione per la loro specifica gravità. Secondo l’ente non c’era più il rapporto di fiducia con il dipendente. Grisenti ha impugnato davanti al giudice il licenziamento contestandolo per vari motivi. In primo luogo la difesa di Grisenti riteneva che fosse passato troppo tempo dai fatti, poi si contestava il fatto che il licenziamento fosse stato intimato dal soggetto sbagliato, dal momento che la lettera di licenziamento era stata firmata dal segretario generale e non dal dirigente del personale. Ma, soprattutto, l’avvocato Ceola aveva impugnato il provvedimento disciplinare nel merito sostenendo che la condanna di Grisenti non riguardava fatti attinenti al suo lavoro per la Regione e, quindi, non poteva essere scalfito il rapporto di fiducia. Il giudice Flaim ha accolto proprio quest’ultimo ragionamento. In primo luogo, il giudice osserva che la condanna per corruzione comporta il licenziamento solo se superiore ai 2 anni di reclusione. Inoltre, secondo il giudice la sanzione disciplinare deve essere proporzionale con l’infrazione commessa. Il giudice Flaim, poi, osserva che al momento dei reati commessi, Grisenti agiva come presidente di una spa privata, ovvero l’A22 e quindi non poteva essere considerato un pubblico impiegato. Questo porta a dire che le sue condotte erano estranee al suo rapporto di lavoro come dipendente della Regione. Per questo motivo, il giudice ritiene che i comportamenti di Grisenti come presidente dell’A22 non possono aver fatto venire meno il rapporto fiduciario con il suo datore di lavoro. In altre parole, la Regione non era legittimata ad attendersi che Grisenti tornasse a reiterare quelle condotte.

(u.c.)













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