LUTTO NELL'ALPINISMO

Addio al "re del Brenta"è morto Bruno Detassis

Lutto nel mondo dell'alpinismo. E' morto ieri sera a Madonna di Campiglio l'alpinista Bruno Detassis: aveva 97 anni ed era soprannominato il "Re del Brenta". Fu tra i primi alpinisti italiani a superare il sesto grado: sono sue alcune delle più belle vie dirette nel Gruppo del Brenta, aperte tra gli altri con Giorgio Graffer ed Ettore Castiglioni. Domani alle 15 il funerale a Campiglio


Marco Benedetti


TRENTO. E' morto Bruno Detassis. Gli occhi del patriarca degli alpinisti trentini si sono chiusi per sempre ieri sera nella sua casa di Madonna di Campiglio a poche settimane dal traguardo dei 98 anni che avrebbe festeggiato il 24 giugno. In paese chi lo aveva incontrato di recente lo aveva trovato leggermente affaticato, ma niente di più. Se ne è andato da signore delle montagne quale era, perché Bruno Detassis è stato davvero un grande dell'alpinismo, un esempio per generazioni di alpinisti.

Gli occhi che Bruno Detassis ha chiuso ieri per sempre hanno scrutato per anni, molti dei suoi leggendari 98 anni, soprattutto le montagne. I suoi occhi hanno fissato le montagne e le loro pareti alla ricerca di quelle linee eleganti e naturali per poterle salire, per andare a cercare "il facile nel difficile", come Bruno amava ricordare parlando delle sue ascensioni più belle.

Le ha cercate nelle Dolomiti di Brenta, il suo personale regno di roccia, che ha ammirato per decenni alzandosi ogni mattina per preparare nel suo rifugio dei Brentei le colazioni a qualche generazione di alpinisti.

Era giovanissimo Bruno Detassis quando scoprì le grandi montagne salendo le cime attorno a Trento, dove era nato nel 1910, in una famiglia operaia del quartiere della Prepositura: papà Antonio segretario della camera del Lavoro e mamma Oliva. A Trento lavora ancora giovanissimo come fabbro e frequenta le scuole serali, poi passa in fonderia e infine impara il mestiere di idraulico, ma la montagna sarebbe entrata di lì a poco nella sua vita, per sempre.

Aveva 16 anni Bruno Detassis quando un giorno d'estate salì sulla cima della Paganella da capocordata lungo la via normale.Da lassù volse lo sguardo al Brenta, capì in quel momento che la sua vita sarebbe stata tra quelle rocce e su quelle rocce. E così è stato. Nel Brenta Bruno Detassis ha scritto le pagine più belle della sua lunga e irripetibile "liason" con le montagne, vi ha cercato le vie più belle e ardite, vi ha accompagnato da guida alpina centinaia di persone conquistate dalla passione per il verticale. E vi ha messo le radici, quando nel 1949 su invito dell'amico Gian Vittorio Fossati Bellani, prese in gestione il rifugio dei Brentei, nello spettacolare scenario dell'alta Val Brenta, dopo che in precedenza aveva gestito per qualche anno anche il rifugio 12 Apostoli.

Lo ha gestito per decenni, con la moglie Nella Cristian, una maestra di sci triestina conosciuta alla Scuola di sci del Sestriere che sposò nell'aprile del 1939 e poi con i figli Claudio e Jalla. Negli ultimi anni le sue visite si erano fatte più rade, ma non mancava mai per festeggiare il suo compleanno, per rinnovare quel suo legame con i monti.

Quegli occhi hanno fissato gli occhi di tanti compagni, amici, guide alpine, nei quali l'essere tra le montagne, l'affrontare le incognite di una nuova parete, faceva balenare lo stesso lampo, la stessa intima gioia esistenziale: Gino Corrà, Enrico Giordani, Giorgio Graffer, Ettore Castiglioni, Vitale Bramani, Ulisse Battistata, Rizieri Costazza, Giuseppe Pirovano, Marino Stenico, Gianvittorio Fossati Bellani e tanti altri, moltissimi altri.

Dalla porta del suo rifugio nel Brenta, quegli occhi hanno osservato, squadrato migliaia di escursionisti, e immaginiamo che in più di una occasione si siano sconsolatamente alzati verso il cielo sopra il Brenta accompagnati da una delle sue imprecazioni tipiche.

Sono occhi che, come quelli di un padre, sapevano vegliare per ore e ore chi stava in parete, soprattutto sulla grande parete del Crozzon di Brenta proprio di fronte al rifugio del Bruno, dove sale una delle sue vie più belle e difficili, la "via delle guide". E chi tornava non si sottraeva al commento di Bruno Detassis: "però arrampichi bene tu" ai più fortunati, ma anche (e più frequentemente) un lapidario, "avete perso troppo tempo e avete sbagliato l'uscita della via". In entrambe le situazioni però, era immancabile un bicchiere con lui come un giro di "morra".

Con gli stessi occhi, forse solo più rabbia dentro, perché per lui il valore della vita è sempre stato superiore a qualunque parete, tante volte ha sfidato le intemperie, le bufere, per portare con le altre guide del Brenta soccorso a chi la montagna l'ha voluta sfidare o l'ha troppo sottovalutata. La morte non sfiorò gli occhi di Bruno fra le sue montagne, ma nel campo di concentramento di Oerbke vicino ad Hannover, dove fu detenuto dopo l'8 settembre fino all'arrivo degli americani nell'aprile del'45. Ciao Bruno, le aquile del Brenta volano sempre più alte di tutti.













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